Gli scienziati dell’Università di Southampton, Regno Unito, in collaborazione con il Japan Advanced Institute of Science and Technology (JAIST), hanno messo a punto un sensore basato sull’uso del grafene; un sensore in grado di rilevare l’inquinamento atmosferico domestico – quello che ci ritroviamo tra le pareti delle nostre case – quantificandolo con un consumo energetico molto contenuto.
Il sensore rileva sia singole molecole di anidride carbonica (CO2) che molecole complesse di composti gassosi volatili organici, i cosiddetti COV – termine generico per indicare composti chimici a base di carbonio, in grado di evaporare facilmente a temperatura ambiente – all’interno degli edifici e dei materiali da interni, quali mobili, suppellettili e articoli per la casa, la cui presenza non giova certo alla salute di chi trascorre la maggior parte della sua giornata in casa, anche se si tratta di un’abitazione moderna e dotata di un buon isolamento.
Questi gas chimici dannosi possono, infatti, essere presenti anche in basse concentrazioni, esprimibili in ppb (parti per miliardo) e sono estremamente difficili da rilevare con le attuali tecnologie dei sensori ambientali, che sono in grado di rilevare solo le concentrazioni più elevate, quelle esprimibili in ppm (parti per milione).
Negli ultimi anni è stato rilevato un aumento dei problemi di salute legati all’inquinamento dell’aria dei nostri spazi quotidiani o inquinamento ‘in-door’, effetto conosciuto anche come ‘sindrome dell’edifico malato’ (SBS) o, a seconda dei luoghi presi in esame, ‘sindrome dell’auto malata’ e ‘sindrome della scuola malata’.
Il gruppo di ricerca, guidato dal prof. Hiroshi Mizuta, in uno studio congiunto tra l’Università di Southampton e il nipponico JAIST, avvalendosi dell’aiuto del dottor Jian Sun e del professor Manoharan Muruganathan, ha ideato un sensore per rilevare molecole individuali di CO2.
Queste molecole gassose vengono adsorbite, cioè trattenute su una superficie solida, in questo caso su un foglio di grafene sospeso, vale a dire un singolo ‘foglio atomico’, uno strato di atomi di carbonio disposti in una struttura cristallina esagonale con reticolo a ‘nido d’ape’.
Il foglio di grafene viene quindi fatto attraversare da un campo elettrico.
Monitorando la resistenza elettrica di questa sorta di ‘filtro’di grafene e misurando i valori dell’adsorbimento e del desorbimento (il fenomeno chimico-fisico, inverso all’adsorbimento, che libera una sostanza adsorbita da una superficie), sono stati rilevati i processi delle singole molecole sul grafene in base agli aumenti o alle diminuzioni della resistenza.
Nello studio, pubblicato su Science Advances, si sottolinea come anche il rilascio di un piccolo quantitativo di anidride carbonica gassosa, equivalente ad una concentrazione di circa 30 ppb, sia stato rilevato solo in pochi minuti.
“Contrariamente all’analisi eseguita con gli strumenti disponibili in commercio per il monitoraggio ambientale, questa tecnologia di rilevamento ci consente di realizzare una notevole miniaturizzazione, un peso ridottissimo e un’ottima maneggevolezza, con una conseguente diminuzione dei costi, oltre al notevole miglioramento del limite di rilevamento, nel passaggio dai livelli di concentrazioni in ppm alle concentrazioni in ppb”, assicura il prof. Mizuta.