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L’intervista di oggi su Gaianews.it è con il prof. Andre Segrè, accademico, economista e agronomo italiano, docente di politica agraria, politiche dello sviluppo agricolo e agricolture policies presso la Facoltà di Agraria e di Statistica dell’Università degli Studi di Bologna, di cui è anche preside. Inoltre, è l’deatore dell’iniziativa Last Minute Market, che dalla fine degli anni ’90 si occupa del recupero a fini benefici di prodotti alimentari e non alimentari invenduti. Su questo argomento ha pubblicato anche diversi libri, l’ultimo dei quali è Dialogo sullo -Spr+Eco. Formule per non alimentare lo spreco, che contiene le divertenti vignette del celebre Altan e di cui è co-autore Massimo Cirri, conduttore radiofonico e autore teatrale italiano.
Buongiorno professor Segré. L’intevista verte un po’ sui temi trattati durante la conferenza con Francesco Altan e Massimo Cirri presso il Festival della Letteratura di Mantova. La prima domanda riguarda il problema del packaging dei prodotti alimentari. Perché, secondo lei, il prodotto passa attraverso questo grande spreco di energie che è il packaging. Per esempio, una carota potrebbe essere venduta semplicemente come carota, mentre invece il suo valore non è nulla in confronto al lavoro che viene fatto per lavorarla, confezionarla in vaschetta in aria controllata ecc. Cosa ne pensa?
Certo, questo è un problema che sta a monte dello spreco. In realtà, questo sistema che noi abbiamo attivato e che si chiama Lasta Minute Market e di cui abbiamo parlato durante la conferenza al Festivaletteratura di Mantova, di cui parliamo nello spettacolo -SPR+ECO, è diciamo una prevenzione nella formazione di rifiuti, nel senso che prima che scadano, anzi prima che vengano gettati via si donano a qualcuno che ne ha bisogno. Però questo è al netto del packaging. Faccio un esempio: recuperiamo un yogurt, sta per scadere ma è ancora buono. Lo doniamo, per dire, alla mensa della Caritas, all’Antoniano o a una casa famiglia. Al netto del vasetto questo è un rifiuto in meno. Però rimane il vasetto. E qui sorge un interrogativo, fra gli altri: per quale ragione abbiamo un packaging eccessivo? Nel caso del vasetto di yogurt è ovvio che il contenitore è necessario. Ma per tanti altri prodotti, anche per prodotti non alimentari, il packaging è assolutamente eccessivo, e questo sì che costituisce uno spreco. L’imballaggio, quando diventa eccessivo, non è necessario in realtà. Il massimo è per i profumi. L’80% del valore di un profumo è il suo pacchetto. Quindi c’è un lavoro enorme da fare, non soltanto per cercare di ridurre gli sprechi dei prodotti consumabili, ma anche di ciò che li avvolge, anche talvolta inutilmente…
..sì, perché con Last Minute Market siete partiti coi prodotti alementari, ma adesso siete passati a recuperare anche altri tipi di prodotto…
Sì, in realtà noi siamo partiti col cibo, bisogno primario di cui si fa uno spreco enorme, però lavorando e iniziando a mettere in piedi questo meccanismo di recupero ci siamo accorti – e non era difficile guardandosi attorno – che si spreca di tutto e, vorrei dire, di più. La seconda iniziativa dopo Last Minute Market Food è stata Last Minute Market Book, perché anche i libri si sprecano, purtroppo. E’ partito da un mio libro invenduto, che mi è tornato indietro ed era pronto per il macero, forse con qualche ragione, perché era illegibile, però mi sono accorto che era in ottima compagnia. Quindi, interpellando tanti editori ci siamo accorti che c’è una quantità di libri recuperabili straordinaria, con una forte domanda di cultura per altro. E tanti ce ne sono che abbiamo iniziato, visto che non scadono i libri, a portarli all’estero,nelle nostre comunità italiane all’estero. Siamo andati in Argentina, in Brasile, fino a Cuba addirittura. E poi, dopo i libri anche Last Minute Farmaci. E anche questo è stato un progetto incredibile, perché i farmaci hanno una scadenza molto lunga, i principi attivi resistono per un bel po’, e quindi Last Minute Farmaci funziona molto bene, e poi ci sono tante merci che non si vendono e che si sprecano e in buona sostanza l’abbiamo attivato con tutto. Ormai il nostro sistema funziona, è attivo in 42 città e si sta estendendo pian pianino. Però noi siamo già a monte dello spreco. Vogliamo capire per quale ragione si spreca tanto, quale comportamento abbiamo tutti noi consumatori che siamo davvero poco consapevoli, non sappiamo dove finiscono questi beni che noi non acquistiamo soltanto perché hanno solo un piccolissimo, modestissimo difetto fisico.
Tornando agli alimentari e riguardo alla data di scadenza dei prodotti, il prodotto deve ovviamente per legge essere consumato entro la scadenza. Ma secondo lei si può modificare, c’è qualcosa che si può fare su questa norma?
Certamente si può fare qualcosa, stando sempre dal lato della sicurezza alimentare. Se c’è una data di scadenza questa va rispettata, se c’è una data consigliata il consiglio va seguito. Dipende, appunto, se si tratta di un prodotto fresco, tipo lo yogurt, bisogna consumarlo entro, se è un prodotto secco, ad esempio la pasta, preferibilmente entro. Poi noi sappiamo che c’è un certo margine, ma stiamo dentro le date. Quello che possiamo fare è mettere due date di scadenza sulla stessa etichetta, ed è un valore molto forte dal punto di vista psicologico, perché una è la data di acquisto, una è la data di consumo. Allora io so che quello yogurt che sta per scadere, che ha ancora 48 ore di vita commerciale me lo porto a casa e questo yogurt so che lo posso consumare ancora per una settimana. In assenza di questa seconda data io lo lascio lì, perché ho paura che alla 49-sima ora mi faccia male. Dunque, questa sarebbe un’iniziativa legislativa a livello popolare perché questo ridurrebbe di non poco gli sprechi.
E questa proposta è già in cantiere oppure…
… è una proposta che io faccio anche nel libro, che racconta lo spettacolo -SPR+ECO, non è stata ancora fatta e io mi auguro che parlandone, questa susciti l’attenzione intanto di chi ci ascolta, di chi ci segue e poi anche del legislatore, perché ci vorrebbe veramente poco per ottenere un risultato, una norma, che peraltro troviamo in Svizzera, non è che me la sono inventato io dall’alto della mia creatività. E’ una cosa molto banale in realtà. Tutto ciò che non incentiva lo spreco, comprese le iniziative last minute, cioè quando il prodotto sta per scadere potrebbe essere venduto al 50% invece che essere gettato via, non si fa perché non c’è convenienza a farlo. Però con un consumatore sempre più – come dire – alla frutta, nel senso che aumentano le fascie di povertà, ci sono delle cose che sicuramente prenderebbero molto piede.
Un’ultimissima domanda sulla situazione alimentare nel mondo, perché si è detto all’inizio della conferenza che la produzione di cibo corrisponde attualmente al doppio del fabbisogno mondiale. Però mi è venuto in mente l’esempio degli incendi in Russia che hanno fatto drasticamente abbassare le esportazioni di grano della Russia. Potrebbe in futuro prefigurarsi una sorta di OPEC dei prodotti alimentari di base, come grano, riso, mais o soia, visto anche che la popolazione mondiale aumenta e le risorse agricole, i terreni agricoli diminuiscono?
No, questo sta già succedendo, non so se si può chiamare OPEC, ma basta vedere cosa stanno facendo alcune potenze mondiali come Cina e India, che comprano della terra in giro per il mondo, soprattutto nei paesi africani, perché hanno capito che il problema del futuro sarà l’alimentazione. E basta, appunto, – basta tra virgolette – un incendio in Russia piuttosto che un andamento climatico sfavorevole, e del resto l’influenza del clima sulle produzioni agricole è nota, e le alterazioni climatiche sono altrettanto note ormai, perché si mofifichino tutti i flussi commerciali, alterandoli in modo crescente o decrescente, come è successo per i prezzi delle materie prime agricole negli ultimi anni. Poiché invece l’agricoltura è un’attività di lungo periodo, una volta che mi si alza il prezzo, il contadino, ammesso che esista ancora il contadino, semina, se invece si abbassa non semina. Ma il risultato ce l’ha l’anno successivo. Quindi qui bisognerebbe regolare il mercato mondiale, più che creare dei cartelli, dei monopòli o degli OPEC.
Intervista a cura di Paolo Ferrante
Redazione Gaianews.it