Fino a poco tempo fa i pazienti con diagnosi di lupus erimatoso sistemico (LES), sono stati trattati con terapie sub-ottimali vecchie di decenni come l’aspirina, farmaci anti-malarici (Plaquenil), corticosteroidi e farmaci antinfiammatori non steroidei. Ma lo scorso mercoledì 9 marzo, la FDA ha approvato il farmaco Benlysta di Human Genome Sciences, il primo farmaco sul mercato per il trattamento del lupus in oltre 50 anni. Il farmaco, un immunosoppressore da somministrare per via endovenosa, mira a ridurre il numero delle cellule B anormali nel corpo, che si crede siano la causa del lupus. Il lupus è una malattia potenzialmente fatale autoimmune che interessa articolazioni, cute, reni, polmoni, cuore e cervello.
In due studi clinici randomizzati, 1.684 pazienti affetti da lupus hanno ricevuto il Benlysta insieme ad una terapia standard o un placebo inattivo più la terapia standard. I risultati hanno dimostrato che i pazienti che ricevevano il Benlysta hanno avuto meno sintomi rispetto al gruppo che prendeva il placebo, anche se i pazienti con la forma più grave di lupus sono stati esclusi dallo studio. Secondo i dati raccolti, circa 11 pazienti devono essere trattati in modo da ottenere il beneficio su almeno un paziente. Un magro risultato, ma meglio di niente.
Il lupus si sviluppa tipicamente tra i 15 ei 44 anni e colpisce in modo sproporzionato le donne rispetto agli uomini. In particolare, le donne afro-americane hanno un’incidenza di tre volte maggiore della malattia rispetto alle donne caucasiche. Peggio ancora, i pazienti afro americani inclusi negli studi clinici non hanno ricevuto alcun vantaggio dal Benlysta.
Il dott. Gilbert Ross dell’ACSH (American Council of Science and Health) pensa che questo nuovo farmaco è ben lungi dall’essere una cura, ma può agire come un presagio di nuove ricerche per lo sviluppo di farmaci ancora più efficaci contro questa malattia devastante.
“Sfortunatamente, solo circa il 30 per cento dei pazienti negli studi clinici ha risposto positivamente al Benlysta, e la statistica era ancora meno efficace tra gli afroamericani.” Il trattamento con Benlysta è stato associato ad una più alta incidenza di morte e di gravi infezioni, indicando che “questo farmaco sarà utilizzato principalmente per i pazienti con la malattia moderatamente attiva. Casi gravi di SLE – che coinvolgono il cervello e/o i reni – richiedono un trattamento più potente”.