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Antico DNA mostra come gli Europei spazzarono via i Nativi americani

Scritto da Leonardo Debbia il 09.05.2016

Il primo studio, condotto su ampia scala, dell’antico DNA delle prime popolazioni d’America ha confermato l’impatto devastante che ebbe la colonizzazione europea sulle popolazioni indigene americane del tempo.

Gli studiosi, in una ricerca dell’Australian Centre for Ancient DNA (ACAD) dell’Università di Adelaide, hanno ricostruito la storia genetica delle popolazioni indigene americane, analizzando il DNA di 92 individui, tra mummie e scheletri, appartenenti a popolazioni pre-colombiane, vissute tra i 500 e gli 8600 anni fa.

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Resti umani nel luogo di sepoltura della cultura Lima (500-700 d.C.), scoperti presso la grande piramide Huaca Puciliana, nella città di Lima, in Perù (credit: Ricerca Huaca Puciliana, conservazione e valorizzazione del progetto)

Pubblicato sulla rivista Science Advanced, lo studio rivela una sorprendente assenza dei lignaggi genetici pre-colombiani negli americani moderni, portando alla luce la prova di una effettiva estinzione di questi lignaggi, contemporanea all’arrivo degli Spagnoli sul continente americano.

“Sorprendentemente, in questo centinaio di resti umani antichi esaminati, non abbiamo trovato alcun lignaggio genetico che si fosse ripresentato o che si mostrasse presente nei discendenti delle attuali popolazioni indigene”, dice Bastien Llamas, autore principale della ricerca e ricercatore Senior associato all’ACAD. “Questa separazione delle linee evolutive sembra possa essersi verificata attorno ai 9000 anni fa, del tutto inaspettata, cosicché siamo stati costretti ad ipotizzare diversi possibili scenari per trovare una spiegazione del fenomeno”.

“E l’unico scenario che si può ricostruire dalle nostre osservazioni è quello che è stato da noi descritto”, continua lo studioso. “Poco dopo l’iniziale colonizzazione delle Americhe, i primi gruppi umani si stabilirono in determinate regioni, dando origine a popolazioni che rimasero geograficamente isolate l’una dall’altra.

Una parte importante di queste popolazioni di Nativi – perché, dopo migliaia di anni, si potevano ormai considerare indigeni a tutti gli effetti – si estinsero a seguito del contatto con gli europei giunti dopo la scoperta delle Americhe da parte di Colombo.

Questo evento trova corrispondenza nei resoconti storici del tempo che riferiscono di un importante crollo demografico conseguente all’arrivo degli Spagnoli, alla fine del 1400”.

Il team di ricerca, che comprende anche membri della University of California, Santa Cruz (UCSC) e della Harvard Medical School presso l’Università di Boston, Massachusetts, ha analizzato i lignaggi genetici materni, sequenziando interi genomi mitocondriali estratti da campioni di ossa e denti di 92 mummie e scheletri umani pre-colombiani, provenienti soprattutto dal Sud America.

Gli antichi segni genetici forniscono anche una tempistica più accurata delle prime popolazioni che entrarono nelle Americhe attraverso il ponte di terra della Beringia, che collegava l’Asia e la punta nord-occidentale del Nord America durante l’ultima Era glaciale.

. “La nostra ricostruzione genetica conferma che i primi americani entrarono su quel continente 16mila anni fa dalla costa del Pacifico, aggirando le enormi distese di ghiaccio che bloccavano un percorso alternativo più interno, che venne poi aperto molto più tardi”, dice il professor Alan Cooper, direttore dell’ACAD. “Questi gruppi umani si spinsero verso sud, diffondendosi piuttosto rapidamente e raggiunsero l’estremità meridionale del Cile verso i 14600 anni fa”.

“La diversità genetica in questi primi individui provenienti dall’Asia venne limitata da piccoli gruppi umani stanziatisi sul ponte di terra della Beringia per un lungo arco di tempo, che andò dai 2400 ai 9000 anni”, sottolinea il co-autore dello studio, Dr Lars Fehren-Schmitz, dell’UCSC.

“Fu allora, al culmine dell’ultima Era glaciale, quando i gelidi deserti e le calotte di ghiaccio fermarono il flusso umano, che le carenti risorse alimentari ridimensionarono notevolmente queste popolazioni. Il lungo isolamento di piccoli nuclei di individui produsse, allora, la diversità genetica ‘unica’ osservata nei primissimi americani”.

“Il nostro studio è il primo resoconto genetico che è riuscito a fissare una data che veniva sollecitata dalle domande- chiave sulla tempistica e sul processo di popolamento delle Americhe”, tiene a precisare Wolfgang Haak, un ex-dipendente dell’ACAD, ora ricercatore presso l’Istituto Max Planck per la Scienza della Storia umana di Lipsia, in Germania. “Per riuscire ad avere un quadro più completo, però, abbiamo bisogno di uno sforzo concertato per ricostruire un set completo di dati, analizzando a fondo il DNA degli americani attuali e dei loro antenati pre-colombiani, al fine di comparare ulteriormente la diversità antica e moderna”.

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