Con la definizione di Età del Bronzo viene inteso il periodo intercorso, a grandi linee, tra ‘Età del rame’ ed ‘Età del ferro’; quel periodo, a cavallo tra protostoria e storia, caratterizzato dalla scoperta e dall’uso più o meno sistematico e diffuso della metallurgia del bronzo.
In Europa questo lasso di tempo va, genericamente, dal 3300 al 1200 a.C. circa, con le ovvie variazioni temporali legate alla posizione geografica, al grado di civiltà raggiunto, alla fusione e alla lavorazione o al commercio del prodotto finito.
In Europa le differenze variano da regione a regione. Si va da un inizio nel mare Egeo collocabile a 3000 anni fa ad una fine nel Nord Europa che si aggira attorno al 600 a.C.
Sta di fatto che, a seconda delle aree geografiche, questo lungo periodo terminò abbastanza bruscamente e per cause diverse, soppiantato dall’Età del ferro.
Gli studiosi coinvolti nell’analisi di questo periodo di ‘transizione’ – dagli storici agli archeologi, agli antropologi – nel tempo si sono sbizzarriti sulle cause che determinarono la fine di questa cultura, il cosiddetto ‘collasso’ della civiltà del bronzo, e i pareri sono discordanti.
Oggi, almeno per quanto concerne le date, ci soccorrono le stime eseguite con metodi sempre più efficaci e precisi.
Utilizzando le analisi al radiocarbonio, ad esempio, si sono verificate nuove stime sul collasso della civiltà nell’area Egea, anche se non possono comunque essere corrette al secolo esatto.
Mentre la cronologia storica convenzionale pone tradizionalmente la fine dell’Età del Bronzo in Grecia al 1025 a.C. circa, una recente indagine ipotizza invece una data che oscilla da 70 a 100 anni prima.
Per questa ricerca, gli archeologi dell’Università di Birmingham hanno selezionato 60 campioni di ossa di animali, resti di piante e legname da costruzione, rinvenute in scavi ad Assiros, località situata a 25 chilometri dall’odierna Salonicco, nel nord della Grecia, per effettuare datazioni al radiocarbonio.
La correlazione è stata fatta con una precisione che si ritiene attendibile al 95,4 per cento, secondo i concetti della metodologia statistica cosiddetta‘bayesana’, presso l’Università di Oxford e l’Akademie der Wissenschaften Heidelberg, in Germania.
E’ da precisare che nella metodologia bayesana le probabilità non sono interpretate come il risultato di frequenze o proporzioni, ma piuttosto come ‘fiducia nel verificarsi di un determinato evento’.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista PloS One.
Ken Wardle, archeologo e docente del Dipartimento di Storia Antica e Archeologia presso l’Università di Birmingham ha detto: “Questi nuovi risultati raccontano una storia che è totalmente indipendente e alquanto diversa dai resoconti storici convenzionali sulla data della fine dell’Età del Bronzo in Grecia”.
“Finora” – afferma lo studioso – “ la cronologia dell’ultima parte dell’Età del Bronzo è stata interamente basata sui dati storici provenienti dall’Egitto e dal Vicino Oriente, con l’aiuto di oggetti importati o esportati, come la ceramica Minoica o Micenea o gli scarabei Egizi, i preziosi monili. Ma se accettiamo il responso della datazione al radiocarbonio C14 – e non esiste alcuna ragione per non farlo – dobbiamo rivedere la nostra comprensione di una lunga sequenza di date dalla metà del 14° secolo a.C. all’inizio dell’11° secolo a.C.”.
“Si tratta di una rivalutazione fondamentale ed importante non solo per la Grecia, ma nel più ampio contesto mediterraneo”, precisa Wardle.
Le date scaturire dai campioni scavati ad Assiros rappresentano i dati più completi per definire l’Età del Bronzo in Grecia che, alla luce del nuovo studio, sono racchiuse in un arco di tempo di 400 anni a partire dalla metà del 14° secolo a.C. al 10° secolo a.C., in analogia con quanto è accaduto per gli eventi tramandati a proposito dell’eruzione vulcanica di Santorini (o Thera), l’isola più meridionale delle Cicladi, nell’Egeo, che, datati precedentemente al 1525 a.C., a seguito di prove scientifiche, sono stati riveduti e assegnati al 1625 a.C.