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Astronomi scoprono effetti della pioggia che cade su Saturno dai suoi anelli

Un fenomeno già osservato in precedenza ma considerato marginale, è in realtà molto più grande e influenza l'atmosfera di Saturno

Scritto da Paolo Ferrante il 11.04.2013

Gli astronomi dell’Università di Leicester, in Inghilterra, hanno tracciato le particelle di “pioggia” nell’atmosfera di Saturno e hanno scoperto che un fenomeno già osservato in precedenza ma considerato marginale, è in realtà molto più grande: dagli anelli si creano goccie di pioggia che poi ricadono sulla superficie di Saturno, influenzando la temperatura di ampie aree dell’atmosfera del pianeta gigante.

Piogga dagli anelli di Saturno

La ricerca rivela che la pioggia riesce addirittura a influenzare la composizione e la temperatura di alcune aree dell’atmosfera superiore di Saturno.

“Saturno è il primo pianeta a mostrare una significativa interazione tra l’atmosfera e il sistema dei suoi anelli,” ha detto James O’Donoghue, l’autore principale del documento e un ricercatore post-laurea a Leicester. “L’effetto principale della pioggia che proviene dagli anelli è di agire come un ‘estintore’ per ionosfera di Saturno. In pratica riduce la densità di elettroni nelle regioni in cui cade.”

O’Donoghue ha detto che l’effetto degli anelli sulla densità elettronica è importante perché spiega il motivo – rimasto incompreso per molti decenni – per cui le osservazioni mostravano densità di elettroni insolitamente basse ad alcune latitudini di Saturno.

“E’ emerso che una delle principali cause dell’ambiente ionosferico di Saturno e del clima sulla sua enorme superficie sono particelle provenienti dagli anelli situati a ben 200.000 km di distanza nello spazio”, ha detto Kevin Baines, un co-autore della ricerca e che lavora presso il Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California. “Le particelle che colpiscono Saturno influenzano anche la temperatura atmosferica.”

Nei primi anni 1980, le prime immagini dal Voyager della NASA mostrarono 2-3 bande scure sulla superficie di Saturno. Gli scienziati teorizzarono che l’acqua poteva star cadendo in corrispondenza di quelle bande dagli anelli. Tali bande non sono state però più osservate fino a quando, nel 2011, i ricercatori hanno osservato Saturno con un nuovo strumento, il NIRSPEC del Keck Observatory, uno spettrografo unico nel suo genere che osserva il pianeta nel vicino infrarosso e che combina un’ampia copertura di lunghezze d’onda con un’alta risoluzione spettrale. Questo ha permesso agli astromoni di vedere chiaramente le deboli emissioni delle parti luminose di Saturno.

L’effetto della pioggia proveniente dagli anelli si manifesta nella ionosfera di Saturno (la Terra ha una ionosfera simile), dove si producono particelle cariche in un’atmosfera esposta ad un flusso di particelle energetiche o di radiazioni solari.

Gli scienziati hanno provato a seguire il modello di emissioni di una particolare molecola di idrogeno composta da tre atomi di idrogeno (piuttosto che i soliti due). Essi si aspettavano di vedere come risultato un bagliore infrarosso uniforme sulla superficie del pianeta, causato proprio da queste particolari particelle. Quello che hanno osservato era invece una serie di bande chiare e scure con un modello che imita gli anelli del pianeta.

Quello che avviene è che il campo magnetico di Saturno “proietta” gli anelli ricchi di particelle di acqua e i buchi tra questi anelli direttamente sul pianeta, creando queste fasce di colore scuro.

I ricercatori hanno ipotizzato che le particelle d’acqua cariche degli anelli del pianeta vengono attirati verso il pianeta dal campo magnetico di Saturno e neutralizzano gli ioni di idrogeno triatomici. Questo lascia grandi “ombre” su quello che altrimenti sarebbe bagliore infrarosso uniforme. Queste ombre coprono tra il 30 e il 43 per cento della superficie superiore dell’atmosfera del pianeta a partire da circa 25-55 gradi di latitudine, una zona molto più grande di quella suggerita dalle immagini del Voyager.

“Saturno, a differenza di Giove, ha bande scure dove cade l’acqua degli anelli, e questo oscura leggermente la ionosfera”, ha detto Tom Stallard, uno dei co-autori dello studio, che lavora a Leicester. “Stiamo anche cercando di indagare su questo fenomeno con uno strumento della sonda Cassini della NASA. Se avremo successo, Cassini potrebbe permetterci di visualizzare in dettaglio il modo in cui l’acqua rimuove le particelle ionizzate”.

 Lo studio è apparso nel numero di questa settimana della rivista Nature.

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