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Studio della Sapienza: orso marsicano non è in declino

Scritto da Federica di Leonardo il 24.04.2013

Sono stati presentati il 12 aprile scorso, presso la sede del Parco Nazionale d’Abruzzo, i risultati del monitoraggio genetico dell’orso bruno marsicano. Ad illustrare modalità e risultati della ricerca il dottor Paolo Ciucci e la dottoressa Elisabetta Tosoni dell’Università La Sapienza di Roma. Per il Parco presente la responsabile del Servizio Scientifico, dottoressa Cinzia Sulli.

Il monitoraggio è il risultato di un grande sforzo che ha coinvolto uomini e donne di diverse istituzioni, Università, Corpo Forestale (Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Parco e Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Castel di Sangro) e Parco Nazionale d’Abruzzo. Tutti si sono coordinati per raggiungere un obiettivo comune, impegnando tempo e molte energie. Il risultato è però di altissimo spessore e aggiunge un tassello importante nella storia della conservazione della popolazione di orso marsicano.

Ciuffo di pelo lasciato da un orso attirato dall’esca odorosa. È dalla radice dei peli di guardia (quelli spessi e lunghi) che si estrae e sequenzia il DNA ai fini del riconoscimento individuale tramite determinazione del genotipo  Foto: Università La Sapienza

Ciuffo di pelo lasciato da un orso attirato dall’esca odorosa. È dalla radice dei peli di guardia (quelli spessi e lunghi) che si estrae e sequenzia il DNA ai fini del riconoscimento individuale tramite determinazione del genotipo
Foto: Archivio BBCD/PNALM

I risultati – La stima per il 2011 parla di 49 orsi con una incertezza statistica (tecnicamente, intervallo fiduciale) fra 47 e 61 e con un rapporto fra femmine e maschi di 1,25:1. Sebbene l’ultima stima, che risale al 2008, fosse di 40 orsi con un intervallo fra 37 e 52 secondo Paolo Ciucci si può ipotizzare una timida crescita della popolazione solo con estrema prudenza, in quanto va tenuta in debito conto l’incertezza statistica associata alle due stime. Fra le ipotesi, ha spiegato il ricercatore, esiste anche quella che il numero del 2008 sia sottostimato.

Si può invece affermare con certezza che la popolazione non appare affatto in declino, perlomeno a partire dal 2004, ed uno dei motivi è la sua produttività, rilevata ogni anno nei mesi estivi tramite conteggio delle unità familiari, che è di tutto rispetto. “Da questi dati si evince che gli orsi ‘ce la stanno mettendo tutta’, ha spiegato Ciucci, ma è assolutamente necessario evitare che altri orsi muoiano per cause antropiche se vogliamo che la popolazione cresca e si espanda”. Infatti, così come emerso anche dai dati presentati dalla dottoressa Elisabetta Tosoni, negli ultimi anni si è registrata un’elevata mortalità di femmine in età riproduttiva che mina pericolosamente le capacità di ripresa della popolazione.

A cosa serve il monitoraggio? – Il monitoraggio genetico (che si basa sull’analisi del DNA degli orsi), effettuato grazie a tecniche di campionamento diverse, è inserito nel progetto europeo LIFE ARCTOS per monitorare il reale effetto delle azioni concrete di conservazione, le cosiddette azioni “C”, del progetto. 
Il dottor Ciucci ha spiegato chiaramente che il monitoraggio non è di per sé un’azione di conservazione. In parole povere è chiaro che non si salva l’orso marsicano dall’estinzione stimando la dimensione o le tendenze della popolazione, ma il monitoraggio è uno strumento essenziale per valutare l’effetto delle strategie e delle azioni di conservazione messe in campo. Per questo, pur non essendo direttamente un’azione di conservazione, il monitoraggio della popolazione è fondamentale per orientare ciò che si sta facendo per garantire al meglio la sopravvivenza dell’orso.


A questo monitoraggio ne seguirà infatti un altro nel 2014, a fine progetto Life Arctos, che potrà rendere conto dell’efficacia o meno di ciò che è stato fatto nei quattro anni di progetto. Come ha spiegato Ciucci, non è poi soltanto importante registrare un incremento o un decremento, ma sarebbe anche importante determinarne le cause, sconfinando in questo caso nell’ambito della ricerca e non più del solo monitoraggio. Ed è proprio questo il ruolo della ricerca, ben distinto da quello degli amministratori, che si occupano invece di mettere in pratica delle strategie a partire dai dati che la ricerca produce.

In un’ottica di più ampio respiro, i dati di questo monitoraggio si vanno ad aggiungere ad altre due stime. La prima effettuata nel 2004 grazie ad un precedente progetto Life coordinato dal Corpo Forestale dello Stato, ed in particolare dall’Ufficio Territoriale della Biodiversità di Castel di Sangro. I risultati parlavano allora di 43 orsi con un intervallo confidenziale fra 35 e 67. Un’altra stima fu effettuata nel 2008, nell’ambito di un progetto di ricerca coordinato dalla Università di Roma finanziato da una cittadina degli Stati Uniti tramite la Wildlife Conservation Society di New York. Attraverso la sperimentazione di tecniche di campionamento innovative, questa stima è risultata di maggiore precisione, risultando in 40 orsi con un intervallo fra 37 e 52.

Perchè non ci sono stime precedenti?- Esistono stime precedenti, ma sono state condotte con metodologie diverse e decisamente meno attendibili. Le stime degli anni precedenti arrivano a parlare anche di 100 orsi. Se le si tenesse in considerazione si dovrebbe ipotizzare un declino drammatico, così come viene a volte affermato. Ma sarebbe un po’ come, una volta che Galileo ci facesse vedere per la prima volta con il suo telescopio innumerevoli stelle, noi ipotizzassimo che sono nate quella notte stessa. Così, chi mescola metodi di decine di anni fa, con quelli più precisi e scientificamente affidabili, afferma che fra 30 e 60 orsi circa siano scomparsi in un relativamente breve lasso di tempo. “Degli anni di cui non disponiamo dati affidabili possiamo solo avanzare delle ipotesi”, ha spiegato Ciucci.
 Per questa la continuità nella produzione di stime formali, ovvero fondate su approcci statisticamente validi, a partire dal 2004, è fondamentale. Nel 2014 sarà possibile, per la prima volta nella storia di questa popolazione, delineare un andamento della popolazione in un intervallo di 10 anni, ovvero un periodo biologicamente significativo per questa specie.

Che relazione c’è fra una fredda formula e la fatica di un guardiaparco? – Perchè si parla di ‘stima’ e non di censimento? Paolo Ciucci ha spiegato che effettuare un censimento, che equivale ad una conta completa, significherebbe contare tutti gli orsi sul territorio, caso chiaramente impossibile. Perciò, come solitamente si fa con tutte le specie della fauna selvatica, è necessario parlare di stima, ma nel suo senso statistico e non di semplice ‘supposizione’. La stima, in biologia, è un approccio formale di approssimazione ad un parametro, in questo caso il numero reale di individui che compongono la popolazione, e si basa sulla probabilità che si ha di contattare o riconoscere ogni un orso presente nella popolazione. Per calcolare il valore di questa probabilità (p) i ricercatori della Sapienza hanno utilizzato un modello statistico che tiene conto delle volte che un orso viene contattato e riconosciuto ( attraverso il DNA e quindi la raccolta dei peli): più è alta la probabilità di contattare gli orsi (p), più la stima diventa attendibile, ovvero con una ridotta incertezza statistica.

Ora, aumentare la probabilità di contattare un orso, significa cercare nuove idee, magari anche ingegnose, per riuscire ad ottenere campioni di pelo da analizzare per risalire ad un genotipo, dare spazio a piccoli accorgimenti e precisi particolari: ad esempio quanto deve essere lungo il filo spinato, quanto deve essere teso, dove conviene posizionarlo e altri mille accorgimenti che servono a precisare quel numero finale la cui precisione  tanto è importante per  valutare l’efficacia delle scelte di conservazione e salvare l’orso dall’estinzione.

Nel’ambito del progetto Life Arctos, nel 2011 il monitoraggio genetico si è avvalso di 4 tecniche diverse, in gran parte già utilizzate da altri ricercatori sia in Europa che in Nord America, adattandole alla realtà locale.

L’hair snagging: si tratta di posizionare delle esche olfattive, all’interno di trappole che attraggono l’orso in un certo punto, obbligandolo a passare sotto a del filo spinato. Passando, l’orso lascia i suoi peli che vengono poi raccolti per essere analizzati e definirne quindi il DNA.
 Le esche sono esclusivamente olfattive non contengono cibo, e non potrebbe essere altrimenti onde evitare eventuali ‘rinforzi positivi’ ovvero risposte comportamentali da parte degli orsi che inficerebbero l’applicazione del modello di stima. Nnon c’è quindi nessuna relazione, come ipotizzato in alcuni articoli apparsi sulla stampa la scorsa estate, fra la confidenza dimostrata da alcuni orsi nei confronti dell’uomo e l’utilizzo di questo metodo.

Il rub tree: si approfitta dell’abitudine degli orsi di  strofinarsi con la schiena contro la corteccia degli alberi. Gli alberi vengono armati con uno speciale filo di ferro a barbe corte e mobili per evitare che l’orso possa farsi male.

Il campionamento ai ramneti: I ricercatori hanno posizionato un doppio giro di filo spinato, ad altezze diverse per poter campionare anche i cuccioli, attorno ad alcune piante di ramno in sette zone di alta quota. Il ramno attira fortemente gli orsi, in questo periodo dell’anno, che non sono affatto disturbati dalla presenza delle trappole per i peli.

Il campionamento accidentale: Avviene quando i peli vengono ritrovati accidentalmente. Concide spesso con le perlustrazioni del territorio da parte dei guardiaparco e forestali, o di casi in cui i guardiaparco si trovano a rilevare i danni dell’orso ad agricoltori e allevatori.

Per effettuare queste 4 attività sono stati coinvolti le guardie del Parco, gli uomini del Corpo Forestale dello Stato e personale dell’Università che ha coordinato l’operazione in quanto beneficiario associato del Life Arctos (azione E3).

Un grande dispiegamento di energia, in gran parte finanziata dalla UE, la cui forza è stata proprio la collaborazione tra enti diversi finalizzata ad uno scopo comune. Un esempio di questo, per molti motivi, riguarda la tecnica del rub-tree. 
A “guardare gli alberi”, infatti, i ricercatori non ci avevano pensato per ben tre anni. E’ stato un guardiaparco che, con una certa educata ostinazione ha chiesto più volte “ma perchè non guardate gli alberi?”. Dopo diversi tentativi i ricercatori hanno capito di cosa si trattava: visto che gli orsi si grattano naturalmente contro la corteccia degli alberi, perchè non guardare se lì si potessero trovare dei peli?

Naturalmente questa operazione non è stata fatta indiscriminatamente su tutti gli alberi del Parco. Ai guardiaparco, in inverno, è stato chiesto di andare ad identificare quali alberi potessero essere più adatti. Grazie anche alla fatica di questi uomini, 150 alberi sono stati censiti in poco meno di 6 mesi, e su 97 di questi è stato posto del filo spinato, naturalmente solo nella quantità strettamente necessaria e limitatamente al periodo di campionamento utile per la stima (giugno – settembre 2011).

Questa tecnica è stata quella che probabilmente ha riportato più successo fra le quattro utilizzate, oltre ad aver prodotto informazioni interessanti sulle abitudini degli orsi marsicani e ulteriori spunti di ricerca e conservazione, come ad esempio la necessità di salvaguardare questi alberi nelle operazioni di taglio.

“Questi 150 alberi”, ha spiegato Paolo Ciucci, “sono dei monumenti, che hanno un profondo significato per la comunicazione olfattiva nella popolazione degli orsi, e non solo fra gli orsi, ma anche fra gli orsi le loro prede e gli altri carnivori. Attorno agli alberi, l’abbiamo filmato, indagano e indugiano uccelli, faine, cinghiali, lupi, cervi e caprioli che annusano e evincono delle informazioni, ma anche esseri umani. Di notte, quando gli esseri umani non ci sono, arrivano gli orsi.

“Un esempio forse un po’ romantico, di come gli orsi nell’Appennino centrale si siano adattati da secoli alla presenza dell’uomo. Presenza che, però, non deve mai nuocere alla loro possibilità di sopravvivere”, ha concluso Ciucci.

Il futuro – Ad oggi non ci sono risorse destinate ai monitoraggi che dovrebbero seguire negli anni successivi al 2014 mentre invece la continuità nell’attività è imprescindibile. La conta delle femmine coi cuccioli a partire dal 2006 ha visto la partecipazione sempre più consistente dei volontari che ad oggi compiono un lavoro indispensabile completamente gratuitamente e sostenendo tutte le spese per i viaggi. Attualmente non si conoscono le proposte o le strategie per risolvere il problema da parte del Parco: nè il Direttore nè il Presidente erano purtroppo presenti all’incontro e non è stato possibile in quella sede fare domande in proposito.

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