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Biodiversità nel Mekong a rischio, Wwf lancia allarme

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 12.12.2011
Leiolepis ngovantrii, la lucertola che si autoclona e che non ha quindi bisogno di maschi. Crediti: © L. Lee Grismer

Leiolepis ngovantrii, la lucertola che si autoclona e che non ha quindi bisogno di maschi. Crediti: © L. Lee Grismer

Piante carnivore che si cibano di topi e uccelli, lucertole che si riproducono per clonazione senza bisogno dei maschi, gechi con colori psichedelici. Non stiamo parlando di un libro di storie per bambini, ma di alcune delle 208 specie scoperte solo nel 2010 e che finora erano sconosciute alla scienza. Queste straordinarie scoperte sono state presentate oggi nel nuovo rapporto del WWF “Wild Mekong”, Mekong selvaggio (Pdf in inglese).

Purtroppo, nell’Anno internazionale delle foreste, questi ambienti unici, con una biodiversità che ancora non conosciamo, rischiano di entrare direttamente dallo sconosciuto alla morte, a causa della deforestazione selvaggia, dal bracconaggio, dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici.

Ne è una prova la recentissima estinzione dell’ultima popolazione di rinoceronte di Giava in Vietnam, recentemente confermata dal WWF.

Così, mentre il rapporto conferma l’area come una regione dalla biodiversità straordinaria, il WWF lancia un appello ai sei paesi più importanti della regione del Mekong, che la settimana prossima si incontreranno in Myanmar per approvare un nuovo piano di cooperazione economica regionale, a porre al centro delle loro decisioni i benefici garantiti dalla responsabile utilizzazione e conservazione della biodiversità dell’area, così come i costi ambientali ed economici che la sua erosione e perdita comporterebbe.

“Il capitale naturale rappresentato dalla straordinaria biodiversità del Greater Mekong è la base stessa su cui è stata costruita la prosperità della regione – ha detto Massimiliano Rocco, responsabile Specie, TRAFFIC e Foreste del WWF Italia – Ma questi preziosi ambienti naturali, le foreste tropicali e le specie che li popolano continueranno a sparire se non si intensificano gli sforzi per rendere le economie della regione più sostenibili e responsabili. I governi dell’area del Mekong devono smettere di pensare alla tutela della biodiversità come un costo e riconoscerla invece come un investimento imprescindibile per lo sviluppo dei loro stesi paesi, per garantire una stabilità a lungo termine all’intera regione e uno sviluppo alle comunità che vi abitano.”

Operazioni di taglio della foresta vergine in Laos. La distruzione di habitat e la frammentazione sono le maggiori minacce per le specie ancora rimaste nel Greater Mekong. Crediti: © Claude Barutel.

Operazioni di taglio della foresta vergine in Laos. La distruzione di habitat e la frammentazione sono le maggiori minacce per le specie ancora rimaste nel Greater Mekong. Crediti: © Claude Barutel.

Le ultime scoperte fatte dai ricercatori nella regione, che si estende tra Cambogia, Laos, Myanmar, Thailandia, Vietnam e la provincia cinese dello Yunnan, comprendono 145 piante (tra cui 16 orchidee), 28 rettili, 25 pesci, 7 anfibi, 2 mammiferi e un uccello. Tra di esse una scimmia dal naso all’insù (Rhinopithecus strykeri) che le comunità locali chiamano “Snubby”, trovata nella remota e montuosa area del Kachin, che quando piove mette la testa tra le ginocchia per evitare che la pioggia entri nelle narici rivolte verso l’alto, facendola starnutire. Una strabiliante serie di 28 rettili, tra cui una lucertola con solo esemplari di sesso femminile (Leiolepis ngovantrii) individuata in Vietnam, che si riproduce clonandosi senza bisogno di lucertole maschi. Mentre tra la Thailandia e la Cambogia sono state scoperte cinque specie di piante carnivore, tra cui alcune in grado di adescare e consumare piccoli ratti, topi, lucertole e perfino uccelli.

“Questo incredibile tesoro e quanto altro vi è di ancora nascosto nelle foreste del Mekong andrà perduto per sempre se i governi falliscono nell’investire nella conservazione e nella tutela della biodiversità. E accanto all’impegno dei governi, serve l’azione di tutto il settore privato, legato al legno, alla carta e alle diverse materie prime fornite dagli habitat forestali, che da decenni sfrutta quelle risorse senza una strategia di sostenibilità – ha concluso Massimiliano Rocco, del WWF Italia – E’ un impegno fondamentale per assicurare la sostenibilità a lungo-termine di quest’area, ma la cui conservazione è inderogabile per affrontare i cambiamenti ambientali globali e la salute dell’intero pianeta.”

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  • permettetemi due righe, in qualità di scopritore di 4 delle piante carnivore menzionate dall’articolo :) il National geographic cerca saggiamente di portare l’attenzione non solo su quanto sono numerose e interessanti le specie ancora da scoprire, ma di quanto siano in pericolo. Io studio queste specie nel loro habitat dal 2004, e sentire parlare di pericolo di estinzione da casa nostra fa di sicuro meno effetto rispetto a quando i disastri dell’uomo ce li hai davanti agli occhi. Ho visitato decine di zone, dove la risposta della gente del posto era: “ah, sì, quelle piante erano proprio lì, poi hanno tolto tutta la foresta per fare questa piantagione”, oppure “poi hanno distrutto tutto per costruire quest’albergo”, oppure “poi sono venuti degli uomini con delle pale e hanno raccolto le piante per venderle al mercato”. L’articolo ad esempio non dice che l’80% della foresta originaria della Thailandia è stata ormai spazzata via. Significa che quando andate in Thailandia, tutto quel verde è per l’80% roba piantata dall’uomo. Nel mio piccolo io mi sto muovendo per salvaguardare tramite autorità locali le piccole fette di terreno dove crescono alcune di queste specie, ormai ridotte a 100-200 esemplari. E’ triste pubblicare una nuova specie e vederla estinta un paio di anni dopo. Su google troverete facilmente il mio sito per saperne di più…