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Divenuto più rapido lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia

Scritto da Leonardo Debbia il 07.01.2020

La Groenlandia sta perdendo ghiaccio sette volte più rapidamente rispetto agli anni ’90 e ben 40 milioni di persone in più saranno esposte al rischio di devastanti inondazioni costiere entro la fine di questo secolo.

Queste le drammatiche conclusioni cui è giunto un team di scienziati polari, appartenenti a 50 diverse organizzazioni internazionali, in relazione alla perdita di ghiaccio in atto sull’isola.

Per dipingere questo scenario sono stati comparati 26 sondaggi, presi separatamente, eseguiti per calcolare i cambiamenti nella massa della calotta glaciale della Groenlandia tra il 1992 e il 2018, servendosi dei dati provenienti da 11 missioni satellitari, durante le quali sono stati analizzati e misurati volume, flusso e gravità della calotta ghiacciata.

I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica Nature, mostrano che la Groenlandia, dal 1992, ha perso 3,8 trilioni di tonnellate di ghiaccio, una quantità sufficiente ad innalzare il livello globale dei mari di 10,6 millimetri.

Si direbbe un’inezia; ma, di questo passo, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche!

Difatti, il tasso di perdita di ghiaccio, che nel 1992 era di 33 miliardi di tonnellate all’anno, in trent’anni è passato, gradualmente, a 254 miliardi di tonnellate; un aumento pari a sette volte il tasso del ’92.

Lo studio della valutazione, condotto dal prof. Andrew Sheperd, dell’Università di Leeds, nel Regno Unito, assieme al dott. Erik Irvins, del Jet Propulsion Laboratory della NASA, in California, ha avuto il supporto dell’ESA (Agenzia spaziale europea) e della NASA.

Nel 2013 l’IPCC, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici, aveva previsto che il livello globale dei mari sarebbe aumentato di 60 centimetri entro il 2100, mettendo in serio pericolo 360 milioni di persone e decine di città costiere.

Questo nuovo studio rincara la dose, mostrando che le perdite di ghiaccio stanno aumentando più rapidamente del previsto e lo scenario che viene ipotizzato prevede un aumento di livello di 7 centimetri in più.

“Per ogni centimetro di incremento, mediamente vengono minacciate di andare sott’acqua sei milioni di persone in più all’anno”, ipotizza Sheperd.

Utilizzando simulazioni di modelli climatici regionali è stato possibile calcolare che metà delle perdite di ghiaccio sono da addebitare allo scioglimento della superficie a causa dell’aumento della temperatura dell’aria, mentre l’altra metà è dovuta all’aumento del flusso dei ghiacciai

innescato dall’aumento delle temperature dell’oceano.

Affiancando le ossservazioni satellitari sul ghiaccio polare, indispensabili per monitorare e prevedere in che modo i cambiamenti climatici possono influire sulle perdite di ghiaccio, si calcola che la media del tasso di fusione abbia raggiunto il picco di 335 miliardi di tonnellate nel 2011 – dieci volte il tasso degli anni ’90 – per rallentare e scendere poi, negli anni successivi, a 238 miliardi, ma aumentando complessivamente, nell’arco temporale 1992-2018, di sette volte.

A questo innalzamento ha contribuito in maniera sostanziale la Groenlandia, cui si è affiancata però l’Islanda.

“Le calotte di ghiaccio dell’ Islanda hanno avuto riduzioni simili a quelle groenlandesi”, afferma Guofinna Aoalgeirsdottir, docente di glaciologia all’Università dell’Islanda, che non ha partecipato allo studio di Sheperd. “Per sapere quanto potrà innalzarsi ogni anno il livello del mare è quindi essenziale monitorare con attenzione tutte le grandi calotte glaciali”, avverte la docente islandese.

In aggiunta, un recentissimo studio dell’Università di Cambridge, condotto dal dott. Paul Christoffersen e pubblicato sugli Atti della National Academy of Sciences, si è avvalso dell’uso di droni, consentendo di constatare che l’aumento dell’instabilità della calotta di ghiaccio in Groenlandia sarebbe stato favorito dalle numerose fratture, evidenziatesi in migliaia di laghetti costieri, che si sviluppano durante la stagione estiva in risposta ad un flusso di ghiaccio più rapido e alla formazione di più acqua di fusione sulla superficie.

Quest’acqua di fusione – stando a quanto osservato con i droni – scenderebbe in profondità al di sotto del ghiaccio, dando luogo a nuove fratture e all’espansione di fratture dormienti.

Questi fenomeni indebolirebbero il ghiaccio sovrastante dei laghetti, agevolandone la fusione e aumentando rapidamente il loro drenaggio.

Quando l’acqua liquida raggiunge il letto del ghiacciaio – è stato osservato – ne favorisce lo scioglimento, facendolo scorrere più velocemente in mare. La perdita di ghiaccio è stata così valutata mediamente in un miliardo di tonnellate al giorno.

L’uso dei droni ha permesso di aggiungere questi fattori, finora ignorati, nella dinamica della fusione dei ghiacci, costringendo a rivedere le stime sullo scioglimento reale.

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