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Deforestazione nel passato più forte di Gengis Khan e della grande peste

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 23.01.2011
Trionfo della morte, già a Palazzo Sclafani, Galleria regionale di Palazzo Abatellis, Palermo (1446), affresco staccato, particolare. Fonte: wikipedia

Trionfo della morte, già a Palazzo Sclafani, Galleria regionale di Palazzo Abatellis, Palermo (1446), affresco staccato, particolare. Fonte: wikipedia

Gengis Khan e le sue orde mongole hanno avuto un impatto sul ciclo globale del carbonio grande quanto la domanda annua di benzina oggigiorno. D’altra parte, la peste che decimò la popolazione europea nel XIV secolo – la cosiddetta Morte Nera –  andava e veniva troppo in fretta per poter influenzare l’aumento di emissioni di CO2. Ma a rendere insignificanti le entità di entrambi questi eventi è stata la tendenza storica verso una sempre più massiccia deforestazione, che nel corso dei secoli ha rilasciato una grande quantità di anidride carbonica in atmosfera, via via che i terreni dedicati a colture e pascoli si ampliavano per nutrire una popolazione umana in continua crescita. Nemmeno Gengis Kahn è  riuscito a fermare questo processo per molto tempo.

“E’ un errore comune pensare che l’impatto umano sul clima sia iniziato con la combustione su larga scala del carbone e del petrolio nell’epoca industriale”, dice Julia Pongratz del Dipartimento della Carnegie Institution of Global Ecology, autrice di un nuovo studio sull’impatto degli eventi storici sul clima globale pubblicato nel numero del 20 gennaio 2011 di The Holocene. “In realtà, l’uomo ha cominciato a influenzare l’ambiente migliaia di anni fa, cambiando il naturale manto di vegetazione dei paesaggi della Terra quando ha eliminato le foreste per l’agricoltura.”

Tagliare foreste immette anidride carbonica nell’atmosfera quando gli alberi e altra vegetazione vengono bruciati o quando si decompongono. L’aumento di biossido di carbonio (CO2) atmosferico risultante dalla deforestazione è riconoscibile nelle carote di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide, prima dell’era dei combustibili fossili.

Ma la storia umana ha avuto i suoi alti e bassi. In occasione di eventi ad alta mortalità, come le guerre e pestilenze, grandi aree composte da terreni coltivati e pascoli sono stati abbandonati e le  foreste si sono riappropriate del territorio, assorbendo l’anidride carbonica dall’atmosfera.

Pongratz ha deciso di vedere quanto dell’effetto di questi eventi avrebbe potuto impattare sulla tendenza in salita dei livelli di anidride carbonica. Lavorando con i colleghi del Max Planck Institute per la meteorologia in Germania e con l’ecologista Ken Caldeira della Carnegie, ha compilato una dettagliata ricostruzione della copertura globale del suolo nel periodo di tempo dall’800 d.C. ad oggi e ha utilizzato un modello climatico globale del ciclo del carbonio per tracciare l’impatto dei cambiamenti dell’uso del suolo sul clima globale. Pongratz si è particolarmente interessata a quattro grandi eventi in cui si sono spopolate intere regioni: le invasioni mongole in Asia (1200-1380), le ondate di epidemia di peste (la cosiddetta Morte Nera) in Europa (1347-1400), la conquista delle Americhe (1519-1700), e la caduta della dinastia Ming in Cina (1600-1650).

“Abbiamo scoperto che durante gli eventi più brevi, come la Morte Nera e il crollo della dinastia Ming, la ricrescita della foresta non è stata sufficiente a superare le emissioni del materiale in decomposizione nel suolo”, dice Pongratz. “Ma durante quelle di più lunga durata, come l’invasione dei Mongoli e la conquista delle Americhe, c’è stato abbastanza tempo per le foreste di ricrescere e di assorbire notevoli quantità di carbonio”.

Ma l’impatto globale dei fenomeni di  riforestazione in eventi di lunga durata è stato attenuato da una costante attività di disboscamento in altre parti del mondo. Ma nel caso delle invasioni mongole, che hanno avuto l’impatto più forte dei quattro eventi studiati, la ricrescita nelle terre spopolate ha accumulato quasi 700 milioni di tonnellate di carbonio assorbito dall’atmosfera. Può sembrare molto, tuttavia si tratta dell’equivalente di ciò che emettiamo annualmente bruciando i combustibili fossili oggi.

Pongratz sottolinea l’importanza dello studio per capire i problemi climatici attuali. “Oggi circa un quarto della produzione primaria netta sulla superficie della terra è usata dagli esseri umani, in qualche modo, per lo più attraverso l’agricoltura,” dice. “Quindi c’è un grande potenziale, attraverso scelte oculate o dissennate di uso del territorio, di alterare il ciclo globale del carbonio. In passato abbiamo avuto un notevole impatto sul clima globale e sul ciclo del carbonio, ma è stato del tutto involontario. Sulla base delle conoscenze che abbiamo acquisito dal passato, siamo ora in grado di prendere decisioni che  potrebbero diminuire il nostro impatto sul clima. Non possiamo ignorare le conoscenze che abbiamo acquisito.”

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