Secondo le ultime statistiche elaborate dalla NASA, dal Met Office e dall’Università di East Anglia, la temperatura media nel corso del 2012 sarà di circa 14,45 °C, ovvero 0,45 °C al di sopra della media registrata dal 1961 al 1990. L’annuncio arriva durante l’incontro tra quasi 200 paesi riuniti a Doha, in Qatar, in occasione dei negoziati sul cambiamento del clima delle Nazioni Unite. Gli ambientalisti hanno insistito sul fatto che tali evidenze esprimono l’urgenza di nuovi colloqui, con il chiaro obiettivo di rallentare il riscaldamento globale riducendo le emissioni globali di carbonio.
L’anno 2012 risulta tuttavia moderatamente più fresco rispetto alla media degli ultimi dieci anni, sulla quale ha inciso l’aumento delle temperature nel 2010 e nel 2005. Secondo Peter Stott, Climate Monitoring and Attribution presso il Met Office, l’ultimo decennio è stato il più caldo mai registrato ma il fenomeno ha subito un rallentamento a partire dal 2000, in confronto al rapido riscaldamento del mondo registrato a partire dal 1970. I fenomeni naturali (come le correnti El Niño e La Niña) hanno evidentemente un impatto sulle temperature e sulle precipitazioni a livello stagionale così come su scala annuale, determinando la variabilità del clima. Ma questi eventi non alterano la sottostante tendenza a lungo termine ad un progressivo rialzo delle temperature causata da mutamenti climatici connessi alle attività umane.
Il Dott. Stott ha avvertito che il riscaldamento globale potrebbe accelerare in qualsiasi momento, e insistito sul fatto che il modello generale del riscaldamento non è in dubbio e che il fenomeno è in atto.
Le nazioni in via di sviluppo chiedono un passo in avanti nel protocollo di Kyoto ed un rafforzamento dell’impegno assunto dai paesi firmatari, ed hanno per questo rilasciato una dichiarazione congiunta al Climate Summit delle Nazioni Unite di Doha, sostenendo che il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto dovrebbe funzionare per cinque anni, invece dei previsti otto anni, al fine di aumentare gli obiettivi di riduzione delle emissioni dei paesi sottoscrittori.
I diplomatici dovrebbero concordare una proroga del protocollo di Kyoto che si spinge fino al 2020, ma alcuni paesi industrializzati compresi gli Stati Uniti, il Giappone e il Canada hanno reo noto che non firmeranno l’accordo: solo l’Unione europea, l’Australia, e poche altre nazioni si impegneranno a perseguire gli obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni nell’ambito del trattato.
L’UE dovrebbe ridurre le emissioni del 20 per cento entro il 2020 mentre l’Australia ha confermato la propria intenzione a mantenere l’obiettivo in linea con l’impegno già assunto, volto a ridurre le emissioni del cinque per cento rispetto ai livelli del 2000.
Nuovi moniti e preoccupazioni anche dall’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico. Secondo un nuovo rapporto infatti, il livello del mare sta aumentando ad un ritmo più veloce (circa del 60%) rispetto alle proiezioni ufficiali delle Nazioni Unite. La ricerca, che è stata pubblicata sull’Environmental Research Letters delinea chiaramente uno scenario di rischio: se il ritmo di innalzamento continuerà ad accelerare al tasso corrente, il livello del mare aumenterà di un metro entro il 2100. Chiudiamo con una relativamente buona notizia: il Brasile ha confermato che la deforestazione dell’Amazzonia è al livello più basso mai registrato, grazie soprattutto alle nuove tecnologie satellitari e ad un giro di vite del governo sul disboscamento illegale.
“Creeremo un modello per il controllo ambientale in questo paese,” ha affermato il ministro dell’Ambiente Izabella Teixeira ai giornalisti a Brasilia. Secondo i nuovi dati, la deforestazione in Amazzonia nel corso degli ultimi 12 mesi, sino a luglio, è diminuita del 27 per cento su base annua, a 4.656 km quadrati.