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Galline allevate in gabbie anguste: UE condanna l’Italia

L'Italia riceve un'ulteriore condanna in tema di benessere animale.Oggetto della sentenza, emessa ieri dalla Corte Europea, la mancata applicazione della normativa di protezione delle galline da uova

Scritto da Marta Gaia Sperandii il 23.05.2014

La notizia arriva da CIWF Italia (Compassion In World Farming), organizzazione senza scopo di lucro che impegnata a garantire il benessere e la protezione degli animali da allevamento.

L’Italia, secondo la sentenza emessa proprio ieri dalla Corte Europea, è risultata inadempiente nell’applicazione di una norma che vieta l’utilizzo delle gabbie convenzionali – quelle cosiddette “di batteria” nell’allevamento delle galline da uova. Ad eccezione dei dispositivi di somministrazione di cibo ed acqua, queste gabbie sono del tutto spoglie e prevedono per ogni gallina uno spazio di circa 550 cm3, per vivere e deporre uova in un ambiente talmente ridotto da non consentire agli animali neanche di spiegare le ali. 

Direttiva ovaiole

A sancire il divieto di utilizzo delle gabbie convenzionali è arrivata nel 1999 la Direttiva 1999/74/CE, meglio nota come “Direttiva Ovaiole”. Questa tuttavia, sebbene sia entrata in vigore il 1 gennaio 2012, non è stata, secondo l’Europa,  applicata puntualmente nel nostro Paese.

Nonostante la Commissione abbia infatti ripetutamente sollecitato il nostro paese ad adeguarsi alla normativa, in data 4 dicembre 2012 erano quasi 12 milioni gli animali allevati ancora in batteria

L’Italia, a quanto pare, non avrebbe osato contestare le accuse, puntualizzando come il termine di adeguamento fosse stato fissato, per il nostro paese, solo a partire dal luglio 2013 e giustificandosi come impossibilitata ad “intervenire e sanzionare in tempo utile il mancato adeguamento delle aziende” non conformi.

“Scuse assurde”, commenta Annamaria Pisapia, Direttrice di CIWF Italia, che aggiunge “Quale stato sovrano al mondo non può sanzionare in tempo utile nel proprio territorio chi infrange le sue leggi?”. Sottolineando “la convenienza economica di continuare a utilizzare le gabbie ”convenzionali”, in cui è possibile allevare più animali, Pisapia afferma come probabilmente, nei 13 anni utili ad adeguarsi alla normativa, a mancare è stata una “volontà politica”.

La Direttiva Ovaiole, a fronte del divieto di utilizzo di gabbie convenzionali, consente tuttavia l’allevamento in gabbie “arricchite”, che prevedono uno spazio minimo di 750 cm3 per gallina (a fronte dei 550 cm3 delle gabbie in batteria), e sono dotate di un piccolo posatoio, lettiera, e nido. Seppure rappresentino un miglioramento rispetto alle condizioni precedenti, CIWF è contraria al loro utilizzo, sostenendo che nessun animale dovrebbe venire allevato in gabbia. 

“Per noi di CIWF”, spiega Pisapia, “nessun animale dovrebbe venire allevato in gabbia, e per questo siamo anche contrari all’utilizzo delle gabbie arricchite, rimaste consentite per legge. Tuttavia, la Direttiva ovaiole, per la cui emanazione la nostra organizzazione si è battuta  per anni ed anni, è stata e rimane un grande passo avanti verso il benessere animale in Europa e la Commissione Europea ha avuto il merito di farla applicare, nonostante tutte le pressioni in senso contrario. A loro va il nostro plauso per questo.

Ora, poco conta che la sentenza venga in un momento in cui l’Italia si è già adeguata. E’ il principio che conta, e cioè che le normative di protezione animale vanno applicate puntualmente come tutte le altre leggi. Speriamo che l’Italia (e in primis la sua classe politica) se ne renda finalmente conto”.

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