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Lago in pericolo lancia “segnali” di avvertimento

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 29.04.2011

Peter lakeAlcuni ricercatori dell’Università del Wisconsin hanno scoperto la prima evidenza sperimentale che il cambiamento radicale degli ecosistemi può essere rilevato in anticipo.

I ricercatori hanno studiato dei segnali complessi di un lago del Wisconsin e hanno scoperto che quei segnali potevano essere identificati come una campana d’allarme di una tragedia imminente: la fine di un ecosistema.

Questa scoperta, riportata sulla rivista Science, è la prima evidenza sperimentale che i cambiamenti radicali in un ecosistema possono essere rilevati in anticipo, possibilmente in tempo per evitare una catastrofe ecologica.

“Per lungo tempo, gli ecologisti pensavano che questi cambiamenti non potessero essere previsti”, afferma Carpenter. “Ma ora abbiamo dimostrato che possiamo prevederli. L’allarme è chiaro ed è anche un segnale forte”.

“Questa ricerca dimostra che, con un attento monitoraggio, si possono prevedere mutamenti nella struttura degli ecosistemi, nonostante la loro complessità”, concorda Alan Tessier, direttore del programma nella divisione NSF di Biologia Ambientale. “I risultati indicano che la gestione degli ecosistemi può diventare una scienza predittiva”.

I risultati suggeriscono che, con il giusto tipo di monitoraggio, può essere possibile rintracciare i segni vitali di ogni ecosistema e intervenire in tempo per evitare quelli che spesso sono danni irreversibili per l’ambiente.

“Con più lavoro, questo potrebbe rivoluzionare la gestione degli ecosistemi”, Carpenter dice. “Il concetto è stato convalidato in un esperimento sul campo e il fatto che ha funzionato in questo lago apre la porta a metodi in pascoli, foreste e agli ecosistemi marini”.

Gli ecosistemi spesso cambiano in modo radicale. Laghi, boschi, pascoli, barriere coralline e molti altri ecosistemi sono spesso trasformati dalla pesca eccessiva, dagli insetti, dai cambiamenti chimici nell’ambiente, dallo sfruttamento eccessivo dei pascoli.

Per gli esseri umani, il cambiamento degli ecosistemi può avere un impatto sull’ economie e sui mezzi di sostentamento come le foreste.

Un chiaro esempio di una risorsa crollata è  la pesca del merluzzo dell’Atlantico.

Una volta che il più abbondante e ricercato pesce del Nord Atlantico, il merluzzo bianco, è letteralmente stato decimato negli anni ’90 a causa della pesca eccessiva, le conseguenze sono state le difficoltà economiche del New England e dell’intero Canada. Ora, la capacità di rilevare quando un ecosistema si sta avvicinando ad un punto di svolta potrebbe aiutare a prevenire tali calamità.

Nel nuovo studio, i ricercatori del Wisconsin hanno concentrato la loro attenzione sui laghi Peter and Paul, due laghi isolati e incontaminati nel nord del Wisconsin.

Il lago Peter misura sei acri: la sua  flora e la sua fauna sono state manipolate per lo studio e il vicino lago Paul è servito come controllo.

Il gruppo guidato da Carpenter ha manipolato sperimentalmente il lago Peter in un periodo di tre anni via via aggiungendo grandi predatori nel lago, che in precedenza era dominato da piccoli pesci che mangiano pulci d’acqua, una specie di zooplancton.

L’obiettivo, osserva Carpenter, era quello di destabilizzare la rete alimentare del lago fino al punto in cui sarebbe diventato un ecosistema dominato da grandi predatori.

Nel processo, i ricercatori si aspettavano di vedere un cambiamento relativamente rapido a cascata nella comunità biologica del lago, che avrebbe dovuto interessare tutte le sue piante e gli animali in modo significativo.

“Quando abbiamo aggiunto questi grossi predatori, quasi immediatamente gli altri pesci hanno reagito mostrando comportamenti legati alla paura”, afferma Carpenter.

“I pesci piccoli  cominciano a sentire che ci sono problemi e smettono di affrontare gli spazi aperti, cominciando a muoversi vicino alla spiaggia e alle strutture, o ad oggetti come i tronchi sommersi. I pesci in pratica diventano avversi al rischio.”

Il fitoplancton, il cibo preferito delle pulci d’acqua del lago, diventa altamente variabile.

“Il fitoplancton decresce in fretta, per poi aumentare di nuovo”, afferma Carpenter.

Durante tutti i tre anni, tutti i segni chimici, biologici e fisici vitali del lago sono stati continuamente monitorati per misurare anche i più piccoli cambiamenti che avrebbero annunciato quello che gli ecologi chiamano un “cambiamento di regime”, dove un ecosistema subisce cambiamenti radicali e rapidi da un tipo ad un altro.

E’ stato da questi dati che Carpenter e i suoi colleghi sono stati in grado di rilevare i segnali del crollo imminente dell’ecosistema.

Ancora più interessante: gli scienziati hanno scoperto segnali simili nelle simulazioni al computer che ricreavano una malattia negli abeti, provocata da un parassita.

Ogni pochi decenni la popolazione di un insetto che attacca gli aceri rossi  esplode, provocando un disboscamento diffuso nelle foreste boreali del Canada. I modelli al computer di un focolaio virtuale, però, sembravano mostrare delle oscillazioni simili a quelle del plancton del lago Peter poco prima dell’esplosione.

Il problema è stato risolto da William “Buz” Brock, un economista della UW-Madison che per decenni ha lavorato sulle connessioni matematiche tra economia ed ecologia.

Brock ha utilizzato un ramo della matematica applicata nota come teoria delle biforcazioni per dimostrare che lo strano  comportamento era in realtà un avvertimento del cambiamento catastrofico.

In breve, ha ideato un modo per percepire la trasformazione di un ecosistema rilevando piccoli cambiamenti nei modelli del sistema naturale.

Grazie a questo modello, adesso convalidato dall’esperimento nel lago Peter, è un sistema statistico convalidato per l’allerta precoce in caso di collasso di ecosistemi.

Il rovescio della medaglia? Per mettere in pratica un sistema di allarme simile,  occorre un intenso e continuo monitoraggio della chimica di un ecosistema, delle proprietà fisiche e del biota.

Tale approccio può non essere pratico per ogni ecosistema minacciato, dice Carpenter, ma – si chiede – qual è il prezzo di non fare nulla?

“Questi cambiamenti di regime sono difficili da invertire. Sono come un treno in corsa, una volta che è partito è difficile fermarlo E i costi, sia ecologici che economici, possono essere altissimi”.

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