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Morìa di pesci nella laguna di Venezia: uccisi dal clima anomalo

Scritto da Marta Gaia Sperandii il 26.07.2013

Cinque tonnellate di pesci rinvenuti morti, galleggianti e maleodoranti nelle acque della laguna, soprattutto nelle località di San Giuliano, Campalto e Ponte della Libertà.
Quello che la popolazione di Venezia ha vissuto nei giorni scorsi sembrerebbe essere una chiara manifestazione dei cambiamenti climatici.
Un avvenimento che ha destato scalpore per la portata della sua anomalìa e ha dato luogo a speculazioni di vario genere sulla natura del fenomeno, al punto tale da portare la Procura di Venezia ad aprire un fascicolo d’inchiesta per individuarne le cause.
Sebbene infatti le prime ipotesi avanzate, e ad oggi confermate, dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Veneto (ARPAV), evidenziassero come probabilmente responsabile l’inconsueto andamento metereologico della scorsa primavera, la portata del fenomeno ha naturalmente destato il sospetto che all’origine della morìa di pesci potessero essere conseguenze di attività antropiche, come sversamenti di sostanze inquinanti o eccessiva presenza in acqua di nutrienti agricoli provenienti dall’agricoltura.
Abbiamo intervistato il dottor Fabio Pranovi, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che da tempo si occupa di conservazione ed evoluzione degli habitat lagunari, studiandone gli effetti provocati dai cambiamenti climatici. La laguna, ci ha spiegato Pranovi, rappresenta un ecosistema delicato che va monitorato con attenzione anche per tutelare gli introiti turistici ad esso connessi.

pesci venezia

 

Domanda: Dottor Pranovi, è plausibile l’idea che alla base della morìa di pesci in Laguna sia stata la tardiva ed ingente fioritura algale dovuta, come è stato ipotizzato in questi giorni, ai recenti eventi metereologici e favorita dall’elevata presenza in acqua di nutrienti agricoli quali azoto e fosforo?

Fabio Pranovi: Sicuramente l’andamento stagionale, nel periodo tarda primavera-inizio estate, è stato piuttosto anomalo, con il perdurare di condizioni sfavorevoli al pieno sviluppo algale, anche nel mese di maggio. Questo avrebbe spostato la fase di crescita algale più avanti, quando però a causa delle temperature più elevate, aumenta anche il rischio di ipossie (in particolare durante la notte) che possono poi degenerare in vere e proprie crisi anossiche. Quindi, forse, non si tratta di fenomeni legati ad elevati carichi di nutrienti (dati recenti sembrano indicare un trend in netto calo), quanto piuttosto di sfasamenti del ciclo biologico legati a situazioni meteo-climatiche del tutto particolari.

D: Come possiamo adattarci agli impatti dei cambiamenti climatici? Ci sono delle strategie di adattamento?

F.P.: Possiamo certamente mettere in atto strategie gestionali adattative, in grado di fronteggiare sul medio periodo alcuni dei principali effetti dei cambiamenti globali; più difficile, invece, riuscire a prevedere fenomeni improvvisi come questi e soprattutto trovare delle contromisure.

D: Un’altra ipotesi chiama in causa lo sversamento di sostanze tossiche. La giudica un’ipotesi verosimile? Quale è secondo la sua esperienza e gli studi da lei condotti lo scenario dell’inquinamento delle acque veneziane?</p>

F.P.: Mi pare che i dati resi noti dall’ARPAV escludano questa ipotesi, anche se sono in corso ulteriori approfondimenti. Lo stato della laguna in relazione all’inquinamento rappresenta un elemento su cui si sono focalizzate molte attenzioni, anche da parte del mondo scientifico. Ciò che si può affermare è che, in linea di massima, la situazione dal punto di vista del controllo delle potenziali fonti è sicuramente migliorata nel corso degli ultimi anni, grazie anche all’impegno di tutte le istituzioni coinvolte. Tuttavia, occorre ricordare che la laguna da un lato soffre, almeno in alcune zone, di situazioni croniche, dovute ad attività incontrollate svolte in passato, dall’altro è comunque oggetto di pressioni antropiche elevate. Tutto ciò costituisce un rischio, almeno potenziale, che deve essere continuamente monitorato.

D.: Esiste a questo riguardo una strategia di conservazione degli ecosistemi marini della laguna? E’ ben ponderata? La sua attuazione procede secondo i tempi stabiliti?

F.P: La laguna di Venezia è oggetto di diverse misure di gestione /conservazione (dall’istituzione di siti di interesse comunitario, alla presenza di aree protette). Due sono, tuttavia, le iniziative che vale la pena ricordare. Recentemente, il CORILA, per conto del Magistrato alle Acque, ha portato a termine l’aggiornamento del Piano Morfologico della laguna, che dovrebbe costituire una sorta di ‘roadmap’, in grado di indirizzare tutti gli interventi gestionali per i prossimi 10-15 anni. Inoltre, è in fase di avanzata implementazione la prima fase (definizione dello stato) della Direttiva Quadro sulle Acque, che, come indicato dall’Unione Europea, dovrà, entro il 2015, portare ad un buono stato ecologico tutte le diverse zone della laguna.

D.: Ci sono, fra quelle minacciate, delle specie di particolare valore? Che cosa si rischia in termini di equilibrio dell’ecosistema? E quali sono le implicazioni per l’uomo?</p>

F.P.: In linea generale, potremmo affermare che tutte le specie presenti in laguna hanno una loro importanza, in relazione al ruolo ecologico di ciascuna. Gli ambienti lagunari, infatti, rappresentano delle zone del tutto particolari, essendo una sorta di ‘cerniera’ tra ambienti acquatici e ambienti emersi. Essi ospitano, se confrontato con le aree costiere marine, un minor numero di specie, quindi con minori sovrapposizioni di nicchia ecologica. Questo significa che è maggiore il rischio che la scomparsa di un specie lasci un ‘vuoto’ecologico’ che non può essere colmato da altre.
Le lagune costituiscono aree ad elevata produttività di beni e servizi ecologici (basti pensare all’attività di sfruttamento di risorse rinnovabili, quali pesci e molluschi, e il fatto che Venezia e la sua laguna attira milioni di turisti), tali servizi dipendono direttamente dalla salute dell’ecosistema. Quindi, un suo degrado, con perdita di funzionalità ecologica, andrà sicuramente ad influenzare anche le possibilità di sfruttamento da parte della nostra specie.

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  • Rodolfo Carmignani scrive:

    Veramente interessante Marta, ma anche un pò triste pensando a tutto quel pesce morto che poteva essere nutrimento per le popolazioni affamate del mondo.

  • Fabio scrive:

    Cioe’ la primavera e’ stata cosi’ fredda che le alghe hanno dovuto attendere, per fiorire.
    ORA PERO’ CI VOLETE VENDERE QUESTA STORIA COME GLOBAL WARMING?
    Andate a guardarvi allo specchio.