Secondo uno studio pubblicato su Nature Climate Change e condotto dall’Università di Yale l’opinione delle persone sul cambiamento climatico non dipende da quanto questo siano a conoscenza dei dati scientifici. Se l’opinione pubblica comprendesse meglio le ragioni scientifiche non aderirebbe in maniera più convinta all’opinione degli scienziati. Lo studio dimostra infatti che più le persone diventano alfabetizzate a livello scientifico più i gruppi culturali si dividono sui rischi che il cambiamento climatico comporta.
Finanziato dalla National Science Foundation, lo studio è stato condotto da ricercatori associati al Cultural Cognition Project della Yale Law School e ha coinvolto un campione nazionale rappresentativo di 1500 adulti americani.
“L’obiettivo dello studio era quello di testare due ipotesi”, ha dichiarato Dan Kahan, professore di Diritto e di Psicologia presso la Yale Law School e membro del gruppo di studio. “La prima sostiene che il dibattito sui cambiamenti climatici dipende dalla limitata capacità del pubblico di comprendere la scienza, e la seconda che dipende invece dall’opporsi di diversi valori culturali. I risultati sostengno la seconda ipotesi” ha detto.
“Cognizione culturale” è il termine usato per descrivere il processo attraverso il quale i valori di un gruppo di persone plasmano la loro percezione dei rischi sociali. Secondo lo studio le persone aderiscono ad una posizione piuttosto che un’altra a secondoa del gruppo a cui appartengono. Questo coinciderebbe con altri studi svolti in precedenza in altri ambiti: l’energia nucleare, il possesso di armi, il vaccino contro l’HPV. Secondo questi studi se si ha una posizione egualitaria o individualista si parteggia per un’opinione o per un’altra.
In questo studio, i ricercatori hanno misurato l'”alfabetizzazione scientifica” con specifici fattori sviluppati dalla National Science Foundation. Hanno anche misuratola capacità dei soggetti di “far di conto”, cioè la loro capacità e disponibilità a comprendere le informazioni quantitative.
“In effetti”, ha detto Kahan, “si dà credito o no alle informazioni scientifiche sulle questioni controverse a seconda che le informazioni rafforzino o indeboliscano i legami con altri che condividono i propri valori. Tra le persone comuni, coloro che hanno una conoscenza scientifica migliore tendono ancora di più a far coincidere le evidenza scientifiche con quelle del loro gruppo di appartenenza. ”
Lo studio non entra nel merito delle questioni sul cambiamento climatico
Ellen Peters della Ohio State University ha spiegato che le persone che hanno una migliore preparazione in matematica e scienza in genere sanno prendere decisioni migliori in situazioni tecniche complesse, ma lo studio mette chiaramente in dubbio l’idea che più si capisce la scienza e la matematica, e più si prendono le decisioni migliori . “Quello che questo studio dimostra è che le persone più preparate possono pensare alle conclusioni scientifiche nei termini di ciò che conviene a loro come individui, che non è necessariamente ciò che è meglio per la società.”
Secondo Kahan, lo studio suggerisce la necessità di strategie di comunicazione della scienza che riflettano una comprensione più sofisticata dei valori culturali.
“Ulteriori informazioni possono aiutare a risolvere il conflitto sul cambiamento climatico”, ha detto Kahan, “ma l’informazione è qualcosa di più che comunicare l’evidenza scientifica. Deve creare un clima in cui nessun gruppo percepisca che l’accettazione di qualsiasi elemento di prova equivale al tradimento del proprio gruppo culturale “.
Bastano tre righe: MSNBC riporta che la mancanza di aumento di temperatura negli ultimi 12 anni ha convinto ambientalista James Lovelock (ipotesi Gaia) che l’allarmismo climatico non era giustificato.
http://wattsupwiththat.com/2012/04/23/breaking-james-lovelock-back-down-on-climate-alarm/
-MANCANZA DI AUMENTO DI TEMPERATURA-
Non mi sembra difficile da “comunicare..