Una manciata di giorni fa, presso la sede del Ministero per lo Sviluppo Economico a Roma si riuniva una conferenza dei servizi finalizzata alla discussione del progetto Ombrina mare 2. Poco dopo il termine dei lavori si diffondeva la notizia di un esito positivo: Ombrina riceveva il via libera.
Un placet ottenuto, -si evince dal verbale della conferenza dei servizi-, nonostante una ferma richiesta di improcedibilità avanzata dalla Regione Abruzzo, che ha rilevato l’incompatibilità del procedimento rispetto ad “alcune leggi regionali sopravvenute ed attualmente vigenti”. La prima di queste vieta la ricerca e l’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia dalla costa, l’altra istituisce il Parco Naturale Regionale “Trabocchi del chietino” nell’area prospiciente a quella destinata ad ospitare la piattaforma.
Il progetto Ombrina, sviluppato ormai qualche anno fa, prevede lo sfruttamento di idrocarburi liquidi e gassosi tramite l’installazione di una piattaforma di produzione a soli 6 km dalla costa teatina. La produzione sarebbe affidata a 6 pozzi, collegati da una rete di oltre 35 km di tubi sottomarini ad una raffineria “galleggiante” ormeggiata a circa 10 km dalla costa. Secondo le stime sarebbe possibile estrarre, nei 24 anni di durata del programma, 40 milioni di barili di petrolio e 6,5 miliardi di metri cubi di gas. Considerato che i consumi giornalieri del nostro paese sfiorano il milione e mezzo di barili di greggio, non sembrano essere quantitativi tali da influenzare sensibilmente l’ago della nostra bilancia energetica.
Sorge quindi, timidamente, una domanda: ne varrà poi davvero la pena?
In un momento in cui l’Europa si è posta chiari e ferrei obiettivi in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili, una scelta del genere ha ben poco di progressista. E invece, negli stessi giorni in cui il Presidente degli Stati Uniti Obama blocca il progetto del mega oleodotto Keystone dichiarandolo “estraneo all’interesse nazionale”, nel nostro paese si apre la strada ad Ombrina.
Ha davvero senso tutto questo, per un petrolio cui è stato attribuito un grado API 17? Su una scala che va da 8 (il petrolio delle Tar Sands in Canada) a 40 (quello di Texas e Mare del Nord, considerato il migliore al mondo), risulta piuttosto chiaro come l’oro nero del mare d’Abruzzo non sia poi neppure talmente pregiato. Il grado API infatti, valutando il peso specifico di una miscela di idrocarburi, rappresenta una misura diretta della qualità del greggio: più basso è l’API, maggiori sono le impurità della miscela, e quindi più consistenti sono le lavorazioni richieste per realizzare un prodotto conforme agli standard.
A destare ulteriori dubbi è infine la localizzazione del progetto.
Siamo nella Costa dei Trabocchi, che della costa adriatica rappresenta uno dei tratti meno antropizzati. Un territorio a vocazione agricola, di elevato interesse storico e naturalistico che negli ultimi anni si è reso protagonista e testimone di un crescente turismo sostenibile, basato su valorizzazione di cultura e risorse, conservazione e rispetto dell’ambiente.
Ci siamo chiesti cosa possa significare, per questo territorio, una piattaforma di produzione di idrocarburi a 6 km dalla spiaggia? E quali le conseguenze per i vicini tratti di costa, nel caso in cui qualcosa dovesse andare storto? Tutti ricordiamo i disastri avvenuti negli ultimi anni nel Golfo del Messico, Nuova Zelanda, Cina, Malesia, Scozia, che hanno irreparabilmente compromesso diversi ecosistemi: non se ne parla più, ma loro le conseguenze le smaltiranno ancora molto a lungo.
Gli abruzzesi, ad Ombrina, si sono opposti in tutti i modi: manifestazioni, comitati, convegni, eventi. Gli stessi enti locali, di arrendersi non ne vogliono sapere: la Provincia di Chieti, assieme a 13 comuni dell’area, poco dopo l’esito della conferenza dei servizi ha presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio.
Non resta che aspettare ed augurarci che dall’imminente conferenza sul clima, che si terrà a Parigi nei prossimi giorni, emergano strumenti, ma soprattutto una volontà ed un impegno concreti per affrontare seriamente la grande sfida che ci attende, quella di una effettiva e significativa riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Ed aspettando Parigi, il 29 novembre a Roma avrà luogo una marcia globale per il clima. Per informazioni: http://www.coalizioneclima.it