Circa un anno fa gli scienziati cominciarono ad usare il termine plastisfera riferendosi ai detriti di plastica che galleggiano o affondano nei nostri oceani e nei nostri laghi e fiumi. La nuova parola sta ad indicare che questo nuovo oggetto non è entrato negli ecosistemi senza interferire. Questo in parte era già noto: molte sono le ricerche che stanno dimostrando come i millimetrici pezzi di plastica vengono ingeriti dagli animali acquatici, influendo sul loro sistema endocrino e immunitario e risalendo la catena alimentare. Ma oggi la plastisfera è stata studiata da un gruppo di scienziati statunitensi per capire quale attività svolgono i microbi che vivono su questo “mare di plastica”. La ricerca sarà presentata all’Ocean Sciences Meeting 2014.
I detriti di plastica fungono da vere e proprie zattere sulle quali i microbi possono proliferare e spostarsi in modi che prima non erano possibili, incidendo così in una maniera nuova sulla vita degli ecosistemi.
Secondo gli scienziati sarebbero almeno 1000 i microbi che vivono su queste isole di plastica e che potrebbero rappresentare una minaccia per gli organismi più grandi: fra queste minacce la trasmissione di patologie che senza i detriti non avrebbero avuto una tale diffusione.
I batteri si riproducono sulle loro zattere di plastica in modo da essere rilevabili in pochi minuti e alcuni di essi, dicono gli scienziati, preferiscono certi tipi di plastica ad altri. Inoltre gli scienziati stanno indagando come questi microbi si modificano quando vengono ingeriti dai pesci.
La ricerca , spiegano gli scienziati, potrebbe essere utile a capire meglio quanto e in che modo questi batteri costituiscono una minaccia per gli ecosistemi e per gli organismi che in essi vivono. Le informazioni risultanti dai dati emersi dalle ricerche, inoltre, potrebbero contribuire a ridurre l’impatto dell’inquinamento da plastica nel mare, se i produttori accettassero, ad esempio, di produrre materie plastiche che si degradano in maniera migliore.
“Uno dei vantaggi di conoscere la plastisfera e come interagisce con le comunità in generale, è che possiamo essere in grado di informare gli scienziati sulle caratteristiche dei materiali e su come renderli migliori e, se dovessero finire in mare, trovare il modo che abbiano il minor impatto possibile”, ha detto Tracy Mincer, scienziato della Woods Hole Oceanographic Institution a Woods Hole, Massacchussets, che ha scoperto la plastisfera lo scorso anno insieme a Linda Amaral – Zettler del Marine Biological Laboratory ( MBL ) e Erik Zettler della SEA Education Association.
Gli scienziati hanno anche scoperto come i microbi colonizzano la plastica e come interagiscano con gli altri organismi marini. Inoltre le molteplici comunità agiscono in maniera diversa in luoghi diversi.
La ricerca potrebbe inoltre essere utile per capire l’età della plastica e l’attività che ne consegue: come si spezza in mare e se e quando affonda.
Per gli scienziati la plastisfera ha quindi inevitabilmente un ruolo negli oceani e gli scienziati sono ora impegnati a definirlo il meglio possibile per limitarne i danni.