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Quanta anidride carbonica assorbe un parco cittadino?

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 30.04.2012
Central park, New York. Uno degli esempi più noti di verde cittadino all'interno di una grande città

Central park, New York. Uno degli esempi più noti di verde cittadino all'interno di una grande città

Quanto sono utili i parchi verdi cittadini?
Se lo sono chiesti alcuni ricercatori nell’ambito di un progetto europeo, UE PLUREL1, applicando la ricerca ad un parco cittadino di 2,16 ettari, lungo circa 600 metri nella città di Lipsia, in Germania.
I ricercatori hanno voluto calcolare l’effetto di compensazione di anidride carbonica nell’arco di 50 anni considerando anche i vari lavori di creazione e manutenzione del parco. Fra questi dati non sono stati inclusi i valori di CO2 utlizzati per far crescere gli alberi nei vivai e la dispersione di C02 dal terreno perchè ci sono pareri discordanti in merito. I risultati dimostrano che a certe condizioni il parco può aiutare la compensazione di CO2, ma che sarebbe necessaria un’area verde grande come la metà della città per compensare tute le emissioni di solo l’ 1,5% per cento della popolazione.

L’impronta di carbonio è stata stimata in base a tre fasi: costruzione, manutenzione e stoccaggio degli alberi. Le emissioni provenienti dalla costruzione sono quelle causate dal trasporto degli alberi, dai lavoratori e dalle attrezzature, nonché le emissioni provenienti dalla semina. Le emissioni di manutenzione nascono dalla potatura, dallo sfoltimento di alberi per la sicurezza, dal taglio dell’erba e dal trasporto dei lavoratori e dalle macchine per la manutenzione. Ciò include la rimozione degli alberi morti (compreso il trasporto) che vengono poi trasformati in trucioli di legno, il trasporto di erba tagliata di un impianto di riciclaggio. Non è stata ipotizzata una fertilizzazione del sito, e l’irrigazione è stata considerata solo in caso di siccità. La quantità di carbonio immagazzinato dagli alberi stessi è stata derivata dai tassi di crescita degli alberi e dalla loro mortalità. Sono stati ipotizzati anche diversi modi di realizzazione del parco calcolandone le relative emissioni.

Le emissioni provenienti dalla manutenzione dopo 50 anni sono comprese tra 2,57 tonnellate di CO2 per ettaro (nel caso di crescita degli alberi minima, e bassa mortalità) e 4.71 tonnellate di CO2 per ettaro (nel caso di crescita degli alberi massima e alto tasso di mortalità). Una crescita maggiore e un’alta mortalità aumentano le emissioni per la manutenzione perché è necessaria più manutenzione per gli alberi che crescono e per rimuovere quelli che sono morti.

Il carbonio immagazzinato negli alberi varia con la crescita e la mortalità, ma la massima crescita e la bassa mortalità immagazzinano grandi quantità di carbonio: 226 tonnellate di CO2 per ettaro. Solo 38 tonnellate di CO2 per ettaro vengono immagazzinati con una crescita minima e una mortalità elevata.

In totale, quando il carbonio emesso e quello immagazzinato sono bilanciati, l’impronta varia da 29 a 218 tonnellate di CO2 immagazzinata per ettaro a seconda del livello di mortalità e di crescita degli alberi. Lo studio ha indicato che tale importo aumenterebbe se ci fosse una copertura del suolo che non richiede alcun taglio, come l’edera, e un numero ottimale di alberi che non richiedono diradamento, e diminuirebbe ancora se il parco avesse la forma di un parco aperto. Un prato senza alberi, invece, renderebbe lo spazio verde una fonte di CO2.

Facendo dei calcoli in prospettiva, invece, per avere l’attenuazione di tutte le emissioni dei residenti del quartiere, su un periodo di 50 anni, sarebbe necessaria una superficie totale di 14.800 ettari, che è circa il 50% della superficie della città per circa 1,5% della popolazione cittadina.

La ricerca è stata pubblicata su Landscape & Urban Planning

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