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Fungo mangia-pelle: i pericoli per la salamandra in Italia. Intervista a Raoul Manenti, Università di Milano

Un fungo sterminatore ha quasi estinto la popolazione olandese di salamandra pezzata. Quali pericoli in Italia?

Scritto da Federica di Leonardo il 05.09.2013

Due giorni fa abbiamo dato notizia di un fenomeno inquietante: un fungo (Batrachochytrium salamandrivorans) ha ridotto quasi all’estinzione la popolazione di salamandre pezzate dei Paesi Bassi. Ora si teme per eventuali contagi anche ad altre popolazioni. Quella olandese, ridotta a soli 10 esemplari, è ora in cattività per preservarla dall’estinzione.

Salamandra

Abbiamo intervistato il dottor Raoul Manenti, ricercatore presso l’Università di Milano, che da anni si occupa di questi anfibi nella nostra penisola. Nonostante per il momento non ci sia un vero e proprio allarme è necessario monitorare il mercato di anfibi dal nord dell’Europa.

Inoltre tutti gli operatori sono tenuti a seguire norme igieniche, peraltro come da normale protocollo, per evitare il diffondersi di eventuali funghi mortali. Secondo il ricercatore, la scomparsa della salamandra rappresenterebbe un gravissimo danno per la biodiversità e gli ecosistemi.

Domanda: Che caratteristiche ha  la popolazione di salamandra in Italia?

Raoul Manenti: Le popolazioni di salamandra pezzata in Italia risultano piuttosto diffuse lungo tutto l’arco alpino e prealpino e lungo l’intera catena appenninica. In particolare la specie è presente in ambiente collinare e sub-montano dove sono abbondanti i boschi di latifoglie che, in particolare le faggete, rappresentano l’habitat ideale per la specie. Lungo gli Appennini risulta tuttavia in rarefazione e non particolarmente abbondante nella porzione centrale, soprattutto tra la Toscana centrale ed il Lazio meridionale. Apparentemente consistenti sono invece le popolazioni calabresi. 

In Italia le popolazioni settentrionali hanno una colorazione caratterizzata da un fondo nero più esteso con macchie gialle solitamente poco estese, mentre le popolazioni appenniniche hanno una colorazione gialla molto più diffusa, a volte quasi totale. Alcuni studiosi le considerano delle sottospecie differenti ed un gradiente di transizione tra le due tipologie di colorazione esiste tra le Alpi Marittime e il Monte Caucaso in Liguria. 

Generalmente le popolazioni italiane ad eccezione dei casi sopracitati, godono di buona salute, con casi in cui raggiungono densità piuttosto elevate. I fattori che tuttavia possono comprometterne la sopravvivenza sono diversi e vanno dall’esbosco all’alterazione dei siti in cui si riproducono tramite inquinamento, modificazione degli argini e introduzione di pesci. La specie infatti si riproduce solitamente in ruscelli o pozze sorgive poco profondi, con una buona qualità dell’acqua. Dopo la metamorfosi le larve passano invece a vivere in ambiente terrestre dove è importante la presenza di sottobosco e rifugi sufficientemente umidi per poter sopravvivere all’essiccamento nei periodi più siccitosi.

Crediti: Frank Pasmans

Crediti: Frank Pasmans

 

D: Ci sono rischi connessi con questo fungo per la nostra popolazione? 

R. M.: Allo stato attuale questo fungo non rappresenta una minaccia immediata, tuttavia se dovesse arrivare rappresenterebbe un elemento molto pericoloso in grado sicuramente di determinare effetti altrettanto devastanti di quelli registrati in Olanda. Non vi sono infatti  indicazioni che le nostre popolazioni nel corso della loro storia evolutiva si siano mai interfacciate con questo fungo o con patogeni analoghi e quindi è probabile che non dispongano di  alcuna forma di resistenza allo stesso.

La diffusione di questo fungo in Italia potrebbe avvenire tramite l’introduzione in natura di esemplari infetti (purtroppo la salamandra pezzata è piuttosto apprezzata a causa della sua colorazione vivace e il commercio illegale di questa specie potrebbe essere più diffuso di quanto non sembri) o con la contaminazione derivante dall’utilizzo di attrezzi (retini, stivali ecc..) contaminati. Per fortuna a questo proposito la distanza dal focolaio noto è ragguardevole e dovrebbe rendere piuttosto improbabile tale evenienza. In ogni caso già per altre malattie che è possibile diffondere agli anfibi chi lavora nel settore dei monitoraggi ambientali effettua ( o dovrebbe effettuare) un’adeguata profilassi del materiale che viene utilizzato mediante opportune disinfezioni. 

Eventualmente potrebbe essere interessante svolgere analisi sulle popolazioni in declino nell’Italia centrale per vedere se vi sia una qualche relazione con quanto scoperto in Olanda. 

D:Quali sarebbero le eventuali implicazioni della scomparsa di questo anfibio dai nostri ecosistemi?

R.M.: La scomparsa della salamandra pezzata dai nostri ecosistemi rappresenterebbe un danno incalcolabile per la biodiversità e per il funzionamento stesso sia degli ecosistemi acquatici che di quelli terrestri. Come tutti gli anfibi che hanno mantenuto un ciclo vitale che prevede sia la fase acquatica che quella terrestre, le salamandre rappresentano infatti un importantissimo vettore di biomassa tra i due diversi tipi di ambiente.
Le larve sono poi importantissimi predatori nei ruscelli in cui vivono, determinando un importante controllo delle comunità di numerosi invertebrati acquatici; sono inoltre prede importanti di altri organismi come alcune libellule. La loro scomparsa determinerebbe gravi squilibri negli ecosistemi acquatici. Anche in ambiente terrestre gli adulti svolgono un’importante funzione di predatore di insetti e altri invertebrati per cui, soprattutto nelle aree boschive, si registrerebbero gravi problemi ecologici come la diffusione abnorme di organismi che sono invece allo stato attuale mantenuti in densità normali dalle salamandre. Inoltre in generale la salamandra pezzata può essere considerata un buon bioindicatore.

 

D: Possiamo fare qualcosa per prevenire il contagio della nostra popolazione?

R.M.: La prevenzione è sicuramente l’elemento da tenere in maggiore considerazione nella fase attuale. Per attuarla serve evitare nel modo più assoluto che entrino nel nostro paese (tramite il mondo della tarrariofilia) esemplari provenienti dall’Olanda o dalla Germania e che rischino poi di essere rilasciati in natura. A tal proposito la commissione Conservazione della Societas Herpetologica Italica (la società scientifica riconosciuta dal Ministero dell’ambiente che si occupa degli anfibi e dei rettili in Italia) ha già previsto di verificare (per quanto possibile) gli andamenti di questi eventuali scambi. In secondo luogo è fondamentale (anche per evitare la diffusione di altre patologie potenzialmente presenti nel nostro territorio) disinfettare sempre stivali, scarponi e altro materiale quando ci si sposta di area o regione. Tale disinfezione può essere fatta utilizzando alcuni fungicidi in commercio o banalmente della candeggina. Questo è consigliabile soprattutto in caso di utilizzo frequente, altrimenti anche lasciare al sole e al caldo gli oggetti per un periodo più lungo può essere sufficiente. 

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