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Zoo di Copenaghen: uccisi anche 4 leoni
La controversa questione dell’allevamento in cattività

Sono migliaia gli animali uccisi ogni anno negli zoo. La finalità del captive breeding è la conservazione della biodiversità, ma gli animalisti insorgono ad ogni soppressione che viene resa nota al pubblico

Scritto da Federica di Leonardo il 02.04.2014

La soppressione degli animali allevati negli zoo è stata oggetto di grande attenzione da parte dei media negli ultimi mesi, soprattutto per il caso della giraffa Marius, soppressa presso lo zoo di Copenaghen. L’episodio, però, non è affatto isolato e recentemente gli animalisti hanno denunciato la soppressione di 4 leoni sempre nello stesso zoo. Abbiamo chiesto a Spartaco Gippoliti, mammologo-primatologo, esperto in giardini zoologici e captive-breeding, di spiegarci perchè si decide di allevare gli animali in cattività e come si giustificano soppressioni come queste, che non sono certo un’eccezione visto che negli zoo europei vengono uccisi, secondo stime ufficiali EAZA, fra i 3mila e i 5mila animali ogni anno.

marius giraffa zoo Copenhagen abbattuta

D.:Cos’è il conservation breeding e a cosa serve?

Spartaco Gippoliti: Si tratta dell’allevamento in cattività di specie selvatiche che sono minacciate di estinzione: gli animali vengono allevati in cattività per poi essere reintrodotti in natura. Fra le strutture deputate a questo scopo ci sono i giardini zoologici. Un esempio famoso di allevamento e reintroduzione è quello del Bisonte europeo,  che si era estinto in natura dopo la prima guerra mondiale, sopravvissuto proprio grazie all’allevamento nei giardini zoologici e poi reintrodotto.
Oltre a casi come questo ci sono anche quelli in cui l’allevamento in cattività serve a costituire una sorta di “banca” con particolari caratteristiche genetiche, nel caso di popolazioni a rischio. La “banca” è finalizzate al restocking in caso di bassa variabilità genetica nelle residue popolazioni naturali. In popolazioni non ancora rarissime, come nel caso del leone, abbiamo in cattività patrimoni genetici che non esistono più in natura da 50 anni.

Naturalmente l’allevamento in cattività non è mai fine a se stesso e comunque la conservazione in situ ha sempre priorità. Oggi il captive breeding sta diventando sempre di più una risorsa importante perchè le popolazioni possono scomparire repentinamente.  Un caso emblematico in questo senso è quello degli anfibi, minacciati da un temibile fungo, che vengono allevati in cattività in attesa che si trovi un rimedio per combattere la malattia che li ha decimati in sud America e ora anche in nord Europa.

leoni zoo

D.:Esiste un criterio per iniziare a fare il conservation breeding?

S.G.: In generale il captive breeding è una soluzione realistica per alcuni animali di cui si hanno lunghe tradizioni di conoscenza oppure nel caso di animali di cui abbiamo una tradizione di allevamento per altre specie strettamente imparentate. Generalmente sono gli esperti, consultati dai responsabili istituzionali quando l’iniziativa è statale, a decidere se è il caso oppure no di procedere con l’allevamento in cattività. L’IUCN ha anche un gruppo deputato in questo campo. Nel caso della comunità internazionale degli zoo, svolge certamente un peso il gradimento della specie presso il pubblico e quindi la quantità di spazio potenzialmente disponibile.

I criteri degli esperti dunque esistono e se in generale se ne avesse più consapevolezza si interpreterebbe in maniera corretta la soppressione della Giraffa di Copenaghen, ad esempio. Gli spazi e le risorse disponibili per questo lavoro sono limitati,  perciò è necessario avere dei criteri di scelta per ottimizzare le risorse che si hanno a disposizione. Esistono almeno quattro diverse sottospecie (specie secondo alcuni studiosi) di giraffa gestite negli zoo europei, più una grossa popolazione ibrida che si sta portando verso l’estinzione con il controllo delle nascite. Per questo è importante che lo spazio a disposizione sia gestito nell’interesse di tutte e quattro le popolazioni soggette a EEP (Programma Riproduttivo Europeo). 

Giraffe zoo

D.: Questi interventi però sono costosi: perchè questi soldi non si investono direttamente nella conservazione delle popolazioni selvatiche? 

S.G.: Esiste una strategia dei giardini zoologici nel campo della conservazione (Building a future for wildlife. The world zoo and aquarium conservation strategy) che pone grande enfasi alla raccolta fondi negli zoo per supportare le azioni di conservazione in natura . Basti pensare che una delle maggiori organizzazioni che si occupa di conservazione, la Wildlife Conservation Society, è di fatto la società che gestisce i giardini zoologici di New York. Ma i costi di mantenimento delle popolazioni ‘ex situ’ provengono in gran parte dai biglietti del pubblico o fondi pubblici che non sono sottratti all’ambiente. Bisogna ricordare che in molti paesi europei, ad esempio, gli zoo sono enti culturali come i musei e le gallerie.
Bisogna considerare il captive breeding come un momento per prendere tempo: avendo questa possibilità si ha più tempo per cercare soluzioni a lungo termine, ad esempio nel caso di malattie e invasioni biologiche. Oggi come oggi si cerca di rendere questi interventi il più integrati possibile con la conservazione e in ogni caso ci sono vantaggi e svantaggi, perchè tenere le popolazione in cattività significa anche evitare che ci siano selezioni involontarie. Ecco perché come nel caso di Copenaghen, non si possono avere troppi figli da pochi individui per non abbassare la variabilità genetica.

D.: Quali sono le percentuali di successo? La reintroduzione non è un fatto scontato…

S.G.: Esistono delle review che sostengono che il successo delle reintroduzioni sia basso, ma generalmente si considerano anche le reintroduzioni di specie non in pericolo di estinzione a livello globale. Quando si parla di conservazione di specie estinte, o quasi, la mia impressione è che il successo sia più alto. Molti progetti su specie ad alto rischio, come il furetto dai piedi neri, l’orice bianco o il condor della California, si sono conclusi con un successo.

Ci sono poi altre condizioni di allevamento che favoriscono la reintroduzione. Su numeri grandi si possono anche fare sperimentazioni e permettersi dei fallimenti mentre la conservazione in cattività va avanti e si sperimentano nuovi sistemi di allevamento

orsi zoo

D.: Il caso della Giraffa Marius, abbattuta nello zoo di Copenaghen, ha fatto molto parlare. Ciò che ha colpito il pubblico è che si sia deciso di sopprimerla, non scegliendo l’ipotesi della sterilizzazione e neanche quella del trasferimento in un altro luogo. Che ne pensa?

S.G.: In ogni paese c’è una sensibilità predominante: l’opzione di Copenaghen non sarebbe stata presa in considerazione in Italia. Ma secondo me quella di Copenaghen è una scelta di grande responsabilità. Cedere l’animale a strutture non sufficientemente attrezzate può causare ancora più sofferenze agli animali e non solo: qui in Italia pochi mesi fa un giraffa è fuggita da un circo ed è poi morta in mezzo alla strada quando hanno cercato di catturarla. La giraffa era stata venduta da uno zoo che non segue lo direttive EAZA. Copenaghen ha deciso per motivi etici che non voleva fare dei soldi con quell’animale.

Le linee guide dell’ EAZA cercano di raggiungere il miglior compromesso possibile fra l’allevamento di una popolazione e l’attenzione verso i singoli individui. Quest’ultimo aspetto però non può avere la precedenza sulla conservazione che è l’obiettivo principale per cui si gestiscono le giraffe o altre specie in questa maniera.

Riguardo alla sterilizzazione mi sento di dire questo: gli zoologi valutano la qualità della vita degli animali in uno zoo avendo come modello la qualità della vita in natura. Le decisioni vengono prese anche cercando di evitare ciò che si discosta dal modello naturale: la giraffa non va gestita come un cane o un gatto di casa che viene sterilizzato a sei mesi, perché la qualità della vita di questi animali sarebbe poi deprimente. Alcune società occidentali snobbano certi aspetti: anche in Italia, fare  figli è diventato un optional e la gente  pensa che il controllo delle nascita sia una cosa sempre più normale anche per gli animali. Invece chi gli animali li studia sa che la sterilizzazione ha un grande effetto negativo sul loro welfare, per non parlare del minore valore educativo.

C’è un altro fatto: il mondo degli animalisti si concentra su pochi individui di poche specie. Un conservazionista deve avere invece una visione che riguarda non solo la giraffa o il cetaceo, ma anche gli animali che non hanno nessuna attrattiva per il pubblico. L’animalista  continua a creare priorità su casi singoli e neanche prioritari, e le risorse disponibili in questo modo vengono drenate rispetto ad obiettivi più importanti. I giardini zoologici, che sono privati, secondo una direttiva che in Italia è in via di recepimento, devono occuparsi di molteplici attività: fare conservazione ex situ, in situ, ricerca, educazione e non è facile, e se le poche risorse vengono deviate le cose si complicano ancora di più.

D.:Molti però, al di là della soppressione della giraffa, hanno criticato la sezione dell’animale ripresa in video e effettuata davanti ad un gruppo in cui c’erano anche bambini piccoli. 

S.G.: Questo è stato il grosso problema: c’è un discorso di trasparenza dello zoo che è pubblico (o vive in parte con il supporto di un ente pubblico) per cui  una volta che lo staff è convinto della liceità della propria scelta non si pone il problema e si fida del fatto che le persone siano in grado di capire. In Italia, probabilmente, crediamo ad un modello della vita “stile Disney” e ciò sarebbe impossibile, mentre invece a Copenaghen hanno un modello  “stile Darwin.” 

Questo non vuol dire che come scienziati non consideriamo gli animali anche come individui. Le persone che lavorano negli zoo non hanno una concezione cartesiana degli animali, sono i primi a sapere che ogni animale è un individuo, questo mi riguarda anche personalmente. Quando si prende una decisione del genere non la si prende a cuor leggero.

C’è poi un altro aspetto da sottolineare: non ci sono reazioni di massa quando si fa la derattizzazione. Poco appetibili per gli animalisti?

Forse in definitiva quello che manca all’opinione pubblica,  è la conoscenza del fatto che la vita in natura è fatta anche di leoni che mangiano le giraffe e di scoiattoli che possono provocare l’estinzione di altri scoiattoli. E la specie a cui Marius apparteneva è oggi protagonista, insieme a tante altre, di un rapido declino, che facciamo finta di non vedere.

 

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