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Registrata la ‘voce’ del ghiacciaio che si scioglie nell’oceano

Scritto da Leonardo Debbia il 02.12.2013

Gli scienziati hanno identificato e registrato uno dei suoni più interessanti che possano essere ascoltati su un pianeta che si sta riscaldando: lo sfrigolìo di un ghiacciaio che si scioglie in mare.
Il rumore delle bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio che scoppiettano a contatto con l’acqua salata potrebbe, infatti, fornire indizi sul tasso di fusione del ghiacciaio e aiutare a monitorare gli ambienti polari in rapida evoluzione.
Artico, scioglimento
Erin Pettit, ricercatrice dell’Università dell’Alaska, ha spesso udito questo scoppiettìo, avvertito come una sequenza di crepitii, mentre pagaiava con il suo kayak nelle gelide acque dei mari del nord.

Questi ‘strani’ suoni sono stati registrati per mezzo di microfoni subacquei dalla stessa Pettit al largo delle coste dell’Alaska, ad un volume più alto di quanto fossero percepiti in superficie.
“Sembrava di essere sotto un acquazzone, con la pioggia battente sull’acqua”, commenta. “E’uno dei suoni naturali più forti che ho avuto modo di ascoltare sulla superficie dell’oceano”.

Pettit sospettava che il suono fosse causato dalla fusione dei ghiacci, ma non avrebbe potuto confermare questa ipotesi senza un esperimento che la convalidasse.
Così, ha cercato l’aiuto di Kevin Lee e Preston Wilson, due esperti di acustica dell’Università del Texas. Ha inviato loro delle lastre di ghiaccio provenienti da un ghiacciaio perché venissero immerse in un serbatoio di acqua refrigerata, mentre si doveva assistere alla loro fusione.

Lee e Wilson hanno eseguito registrazioni video e audio del ghiaccio mentre si scioglieva e hanno potuto così ascoltare, confrontare e registrare i suoni delle bolle d’aria scoppiettanti emesse dal ghiaccio durante lo scioglimento.

“La maggior parte del suono proviene dalle vibrazioni delle bolle quando vengono espulse”, dice Lee. “Una bolla, quando viene rilasciata da un ugello vibra naturalmente ad una frequenza che è inversamente proporzionale al raggio della bolla stessa”, afferma lo studioso.

In pratica, più piccola è la bolla, maggiore è l’altezza del suono emesso.
I ricercatori hanno registrato suoni oscillanti da 1 a 3 kilohertz, che è la gamma delle frequenze che l’orecchio umano riesce a percepire.

E’ risaputo che nei ghiacciai le bolle d’aria si formano perché i cristalli di neve trattengono l’aria che viene lentamente compressa sotto il peso di nuova neve, mentre viene inglobata nella massa ghiacciata.
La neve poi, trasformandosi in ghiaccio, si compatta e le bolle d’aria diventano pressurizzate.

Il modo regolare di disposizione delle bolle dimostra che la distribuzione nella massa di ghiaccio è uniforme, una caratteristica importante questa, se si desidera utilizzare l’intensità del rumore delle bolle che scoppiano per misurare la velocità di fusione del ghiaccio.

Benchè la musicalità della fusione del ghiaccio non possa avere lo stesso impatto emotivo delle immagini, il suono ha così una sua storia, molto interessante da raccontare.
Pettit e Lee affermano di poter utilizzare le registrazioni degli idrofoni nei fiordi glaciali per monitorare le variazioni relative allo scioglimento dei ghiacciai in risposta agli eventi meteo, ai cambiamenti stagionali e alle tendenze del clima sul lungo termine.

Dato che il suono sott’acqua viaggia per lunghe distanze, i microfoni di registrazione possono essere posizionati a distanza di sicurezza dalle lastre di ghiaccio che si spezzano.
Le registrazioni audio sono utili per integrare altre misure del ghiaccio che si scioglie, come le riprese fotografiche delle fasi e dei tempi di fusione e le letture delle variazioni di salinità.

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