I cambiamenti climatici hanno i loro effetti evidenti anche in Italia, dove i disastri si fanno sempre più frequenti e dove una normativa lasca ha consentito di costruire in zone a rischio idrogeologico con 3 maxicondoni in 30 anni. Questa la situazione su cui il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini vuole agire. Le indicazioni sono chiare: fino all’attuazione di nuove normative è vietato costruire, lavorare o abitare nelle zone a grave rischio idrogeologico.
Sono inoltre previsti: il contenimento del consumo del suolo, la manutenzione dei corsi d’acqua attraverso interventi di regimazione idraulica, di ricalibratura e di pulizia degli alvei, la gestione delle acque reflue al fine di accrescere la resilienza dei centri urbani, il recupero di terreni degradati e dismessi, privilegiando la promozione di attività agricole di qualità, misure di riforestazione con specie autoctone e di valorizzazione degli ecosistemi, il ripristino della gestione dei suoli nelle aree più esposte al rischio di frane (terrazzamenti e coltivazioni dedicate), il miglioramento della gestione dei boschi demaniali, attraverso la conversione dei cedui in fustaie ed utilizzo della biomassa a fini energetici senza intaccare le funzionalità di assorbimento di carbonio, le conversioni dei rimboschimenti con conifere alloctone a latifoglie autoctone, la tutela dagli incendi boschivi con diradamenti e ripuliture e conseguente impiego delle biomasse di risulta per produzione di energia e/o chimica verde;
E inoltre la protezione della biodiversità e l’aumento della resilienza dei boschi all’impatto dei cambiamenti climatici, l’ identificazione delle misure più appropriate per ridurre la vulnerabilità delle coste, l’ aumento della resilienza delle aree costiere ai cambiamenti climatici e la protezione delle infrastrutture e degli ambienti costieri;
Il piano sarà finanziato per il periodo 2013- 2020, da un fondo nazionale alimentato con il 40% dei proventi derivanti dalle aste dei permessi di emissione e con un prelievo, determinato annualmente, su ogni litro di carburante consumato fino al raggiungimento di 2000 milioni di euro all’anno;
Inoltre il Ministro prevede l’approvazione da parte del Governo, entro il 31 marzo 2013, di un disegno di legge per l’introduzione di un’assicurazione obbligatoria per la copertura dei rischi connessi agli eventi climatici estremi a carico di beni e strutture di proprietà pubblica e privata.
Clini aveva inoltre già scritto il 19 novembre scorso ai commissari europei Connie Hedegaard e Janec Potocnik per chiedere che i 40 miliardi di euro previsti per finanziare il piano in 15 anni, fossero esclusi dal patto di stabilità.
“Il Piano di adattamento dell’Italia ai cambiamenti climatici e alla difesa del territorio, con le ingenti risorse che richiede – afferma Clini, come riporta il Sole 24 ore -, ripropone il tema, centrale nella programmazione degli investimenti per la difesa del territorio, dello svincolo dai vincoli del patto di stabilità per i fondi per tali interventi. E’ necessario, come ho avuto modo di scrivere nella lettera inviata il 19 novembre scorso ai commissari europei Connie Hedegaard e Janec Potocnik, che le misure per la prevezione dei rischi e dei danni connessi agli eventi climatici estremi siano considerate un’infrastruttura per la crescita e lo sviluppo sostenibile del nostro Paese. E in tale chiave – aggiunge il ministro – questi interventi dovrebbero essere esclusi dai vincoli del patto di stabilità, nell’ambito del pacchetto di misure indicate dal Consiglio Europeo del 29 giugno 2012».
Si tratta infatti di interventi ad alto valore aggiunto, con importanti e positive conseguenze sull’occupazione, in particolare giovanile, e con effetti virtuosi sulle entrate e sulla riduzione del debito pubblico.
«Peraltro, non liberare le risorse necessarie dai vincoli del patto di stabilità implicherebbe, come più volte sottolineato dal consiglio dei ministri UE, il pesantissimo costo, anche economico, della non-azione», conclude Clini.
“Manutenzione dei corsi d’acqua attraverso interventi di regimazione idraulica, di ricalibratura e di pulizia degli alvei”?
E’ la solita cultura ingegneristica ed ignorante, che considera i corsi d’acqua solo come fastidiosi tubi da allargare e tenere continuamente puliti, invece che ecosistemi ricchissimi di biodiversità, che spesso restano le sole oasi di natura in un territorio devastato dalle infrastrutture e dalle attività umane. Inoltre, si tratta spessissimo di aree protette o SIC/ZPS!
Inoltre, Nel 2007 il Comitato Scientifico del WWF Italia consegnò il Rapporto “Per un piano di adattamento al cambiamento climatico in Italia” al Ministero dell’Ambiente. Le indicazioni ivi contenute sono ben diverse da quelle del Piano appena presentato dal Ministero, dopo ben cinque anni. Eppure si tratta di un Governo e di un Ministro tecnico, che per definizione dovrebbero tener conto delle indicazioni provenienti dal mondo scientifico. O no? Cosa aspetta il WWF Italia a gridare “Il re è nudo” e a protestare vivacemente????