Nei giorni scorsi, riflettevo sulla tragica fine dell’orso Stefano, rimasto senza “onorata” sepoltura, a distanza di quattro mesi dal ritrovamento sulle montagne molisane del Parco Nazionale. Da fonti informali, la carcassa, oramai liquefatta, sarebbe soggetta a un estenuante e burocratico palleggiarsi tra gli I.Z.S. e l’Ente Parco, alla ricerca di un’improbabile causa di morte. Perciò, come avvenuto in altre circostanze, tra cui la morte dell’orso Bernardo, è da presumere che anche questa dolorosa e ingarbugliata vicenda sarà definitivamente archiviata.

La morte repentina di un altro orso, una femmina adulta, causata dal violento impatto automobilistico lungo la strada provinciale tra Villalago e Anversa, ai confini dell’area protetta, aggiunge un’altra nota dolente al drammatico e inesorabile declino della specie protetta, ormai ridotta a poche decine d’individui. Come in altre simili occasioni, si tende a drammatizzare invocando retoriche argomentazioni, implorando la collaborazione e il coordinamento delle varie istituzioni in campo, oppure l’avvento di una “speciale autorità” salvifica. La vera emergenza che, invece, si pone alla pubblica opinione è l’assenza di concrete strategie e azioni di conservazione dell’orso marsicano.
Tuttavia, questi drammatici eventi rappresentano la punta dell’iceberg verso il declino delle politiche di protezione della natura. Le stesse logiche che guidano i DDL nel percorso parlamentare di riforma della legge sulle aree protette, vanno in tutt’altra direzione per cui i concetti di tutela e conservazione passano in secondo piano. Basta leggere le premesse dei DDL in discussione presso la Commissione ambiente del Senato, dove si scrive che gli enti parco hanno oramai “un ruolo istituzionale diverso dal passato” giacché “soggetti promotori di sviluppo locale e di economia territoriale”, anticipando chissà l’immagine di nuove e moderne comunità montane o avveniristiche pro-loco.
Queste logiche politiche, ambigue e ingannevoli, fanno il paio con la degenerazione delle istituzioni pubbliche, compresi gli enti parco ai quali, bisogna precisare, la legge affida compiti super partes riguardanti la tutela d’interessi diffusi, tra cui la conservazione della biodiversità, la tutela della salute e del paesaggio. Al riguardo, coglie nel segno, Ernesto Galli della Loggia in un editoriale del Corriere della Sera di domenica 20 ottobre dove scrive “dalla giustizia all’istruzione, alla burocrazia, sono principalmente tutte le nostre istituzioni che appaiono arcaiche, organizzate per favorire soprattutto chi ci lavora e non i cittadini” – figuriamoci allora gli orsi! –“dominate da … lobby sindacali o da cricche interne … dalla tortuosità demenziale delle procedure, dalla demagogia che in realtà copre l’interesse personale”.
Per di più, ci si riempie la bocca proclamando strategie di sistema, dal greco synestanai, che vuol dire mettere insieme. Fu il biologo organicista Lawrence Henderson, nei primi anni del XX secolo, a coniare il termine, propiziando la nascita del pensiero sistemico, un nuovo paradigma che assume la centralità dell’organizzazione e il potere delle relazioni. In seguito, dal pensiero sistemico è derivato il concetto di rete, estesa a tutte le direzioni, una rete diffusa alimentata da feedback di comunicazione, in grado di auto organizzarsi, per realizzare strategie comuni e azioni efficaci e, nello stesso tempo, promuovere una consapevolezza collettiva sulle diverse emergenze.
Riguardo alle nostre “più aggiornate” istituzioni, invece, il concetto di rete si traduce in inconcludenti tavoli di lavoro, per produrre documenti, programmi, onerosi piani d’azione fini a se stessi … aspettando che ci scappi ancora una volta il morto. In tale contesto – e questo mi rattrista molto – l’Ente Parco sembra ormai assurgere alla stregua di un’agenzia di “pompe funebri”, altro che strategie di conservazione!
di Aldo Di Benedetto
ex Direttore Ente Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
Grazie per la risposta e scusi per il ritardo con cui glielo faccio sapere. Mi trova completamente sulle sue posizioni quando dice che …<> L’ultima riunione tenutasi 2 giorni fa presso il Minambiente sembra continuare ad eludere proprio questo che e’ il nocciolo della questione..
(pubblichiamo la risposta del dott. Di Benedetto, ndr.)
Caro Orlandini,
non so ancora se con la mia lettera ho colto nel segno, ma
le sue osservazioni mi consentono rispondere a come ci si sentirebbe oggi
quando si è al vertice di un Ente pubblico come il PNALM. Già in un mio
precedente intervento su Gaianews.it ho scritto qualcosa in proposito, il
titolo era “Che cos’è che fa male all’Orso marsicano” del 18.05.2012, http://gaianews.it/rubriche/osservatorio-sullorso-marsicano/cose-che-fa-male-allorso-marsicano-21031.html#dove.
Ebbene,
i gravi eventi che Lei ha rievocato, che causarono la morte dell’Orso Bernardo
e di altri due esemplari, assieme a lupi e cinghiali, rinvenuti nel corso del
mese di ottobre 2007, sono coincisi la sono coincisi con l’ultima fase del mio
incarico dirigenziale al PNALM, dopo più di cinque anni di intenso
lavoro per riordinare e risanare la dissestata amministrazione dell’Ente. Ciò
malgrado, ho affrontato con determinazione anche quella gravissima emergenza,
come pure la conseguente tempesta mediatica “guidata” e manipolata, che si
protrasse per due mesi, alla ricerca,
non dei responsabili, bensì di un
capro espiatorio. Fece più notizia il caso – creato ad arte – della
“secretazione” delle informazioni e dell’inverosimile licenziamento
dell’addetta stampa. Furono pure prodotte strumentali interpellanze
parlamentari cui dovetti pazientemente dare riscontro; per questo sarebbe utile
rileggersi la rassegna stampa dell’epoca. Nel mio ruolo, invece, ho sostenuto
pubblicamente, sin dal primo momento e
con tenacia, la gravità dell’accaduto, invocando una strage di stampo “eco
terroristico”; mentre, l’ipotesi dell’avvelenamento fu progressivamente
smontata anche attraverso i mass media, tant’è che furono diffuse congetture di
focolai tossinfettivi: una vera è propria “strage di verità”! Il seguito è noto solo agli addetti ai lavori giacché, calato il sipario, la vicenda fu archiviata, sia dall’autorità giudiziaria sia dall’Ente Parco.
Solo dopo quattro anni, del tutto casualmente e da semplice cittadino, ho avuto la conferma formale dell’avvelenamento e della sostanza
implicata: il Fentyon, un potente pesticida organo fosforico. Fra l’altro, nel
mio precedente intervento ho sostenuto che è stato un grave errore non darne un puntuale riscontro alla pubblica opinione ma credo che nemmeno i dipendenti dell’Ente e persino i guardiaparco e le guardie forestali ne siano stati consapevolmente edotti.
Caro Orlandini, come ho precisato nella mia lettera, il declino dell’Orso marsicano è la punta di un iceberg che nasconde lo scarso interesse politico e istituzionale verso le problematiche di tutela; ma come ha puntualizzato Galli
della Loggia sul Corriere della Sera, il degrado istituzionale non guarda in
faccia nemmeno i cittadini. La separazione
burocratica e lo stato di conflitto tra le varie amministrazioni, la
commistione dei poteri d’indirizzo con quelli di gestione sono tali per cui
vengono frapposti ostacoli di ogni genere all’emanazione di opportuni ed
efficaci provvedimenti, come quello da lei richiamato.
Per questo, ritengo che la battaglia per la protezione dell’Orso marsicano sia una battaglia di civiltà, a partire da un profondo rinnovamento delle istituzioni,
non un mettersi contro qualcuno; ognuno di noi dovrebbe averne piena consapevolezza. Allora, credo sia necessario rimboccarsi le maniche, avendone la sensibilità di affrontare la complessa problematica da più punti di vista.
Le riporto ciò che avevo già scritto perché lo ritengo del tutto attuale. La
salvaguardia dell’Orso marsicano è un problema quotidiano, reale, e complesso, che non può essere affrontata solo con programmi, comunicati stampa e disposizioni di servizio o, peggio, con uno scaricabarile. Diversamente essa richiede la costruzione di una strategia fondata su una cultura organizzativa in grado di mobilitare le forze in campo, che sia riluttante alla semplificazione, che sia sensibile alle attività in corso sulle problematiche emergenti, che preveda una comunicazione interna credibile, coerente e saliente, che stabilisca intense e chiare relazioni tra tutti gli interlocutori istituzionali, le associazioni e i cittadini, che preveda una comunicazione efficace e ad alta capacità di penetrazione, che supporti campagne di comunicazione ad alto impatto di processo, ovvero capaci di modificare la percezione del problema da parte di molti.
Con la mia gestione, l’ente parco ha messo in atto il Progetto di ricerca sui
“Grandi Carnivori”, con la collaborazione scientifica del Dipartimento di
Biologia Animale e dell’Uomo dell’Università “La Sapienza”, con l’obiettivo di
produrre una mappa aggiornata e attendibile sull’habitat dell’Orso marsicano, al fine di agevolare programmi di conservazione su larga scala, determinare la consistenza e il numero degli individui, valutare l’evoluzione della popolazione, le dinamiche, le minacce e i fattori limitanti. I risultati di tali ricerche sono tutti scritti e documentati ma le strategie e le azioni di tutela previste restano sulla carta. Consapevole della complessità delle questioni e degli attori coinvolti, l’espansione dell’areale fuori dei confini del PNALM, dove gravano molteplici competenze istituzionali, nel 2006 ho sostenuto in prima persona la
necessità di un piano (il PATOM), attraverso cui coinvolgere le diverse amministrazioni competenti territorialmente, per vincolarle a strategie e azioni
comuni. Devo, tuttavia precisare che tale progetto, nelle intenzioni originarie, avrebbe dovuto terminare il suo iter con l’emanazione di uno specifico provvedimento di legge per obbligare le parti in causa a rispettarlo … ma ciò non è mai avvenuto.Ciò che è avvenuto lo racconta puntualmente Gaianews.it
Cordialmente
Aldo Di Benedetto
Caro Di Benedetto mi trova d’accordo su quasi tutto quel che
dice, ci aiuti pero’ anche a capire cosa succede quando si e’ al vertice di un
Ente Parco come c’e’ stato lei. Perche’ semplici ma fondamentali provvedimenti
non sono mai stati presi …un esempio su tutti e di cui lei immagino potra’
dare diretta testimonianza e’ che subito dopo la strage in cui mori’ Bernardo
altri 2 orsi e fauna varia (lupi cinghiali…) non si vieto’ il pascolo in
quell’area (gioia dei marsi) in cui pascolavano allo stato brado gli
armenti dell’allevatore a lungo sospettato di essere l’avvelenatore. Quella
presenza (anche se non vi fosse stato l’avvelenamento) non era (come non lo e’
oggi) compatibile con una corretta gestione del territorio e con la
conservazione dell’orso, men che meno lo sarebbe stata dopo cio’ che accadde
….ma lei allora Direttore continuo’ a permettere che l’area fosse invasa
dalla primavera al tardo autunno dalle vacche di quel signore e di altri
allevatori tra l’altro nemmeno originari del luogo. Allora come la mettiamo se
nemmeno un problema tanto semplice ed evidente fu risolto durante la sua
gestione ? Nel mondo della conservazione italiano e negli Enti che la
gestiscono si fanno troppe chiacchiere, si da’ l’impressione di volare alto solo
allo scopo di evitare di prendere qualsiasi provvedimento che potrebbe
scontentare una qualche categoria, e pur conoscendo le resistenze, i
problemi, le mancanze che affliggono chi dovrebbe gestire la conservazione e
quella dell’orso in particolare, e’ altrettanto evidente che tutti costoro si
muovono solo per proteggere i propri incarichi ed affinche’ nulla cambi …anzi
talvolta impauriti da qualche “ultimo arrivato” che da segni di
intraprendenza…
Quindi caro Di Benedetto purtroppo anche lei non fece quel
che doveva fare, una cosa semplice, ovvia agli occhi di tutti coloro che
seguirono quella triste vicenda, ma forse mettersi contro certi allevatori era piu’ faticoso che non indignarsi sui giornali. Lo stesso accade oggi ogni giorno come sappiamo spesso solo grazie alle inchieste di Gaianews per tanti altri problemi che richiederebbero solo la ferma volonta’ dell’amministrazione dell’Ente di procedere (uno per tutti…l’eliminazione delle fonti di cibo che attirano gli orsi nei paesi del parco ). Insomma apprezzo il suo intervento ma avrei apprezzato di piu’ qualche necessario semplice provvedimento all’epoca della sua gestione.Spero che comprenda che il mio breve intervento non voleva essere polemico anzi, ma di stimolo soprattutto per gli attuali gestori affinche’ battano un colpo….
Cordiali saluti
Stefano