Gaianews

La funzione delle specie nei propri habitat, scienziati rivedono la teoria

Scritto da Marta Gaia Sperandii il 22.08.2013

La perdita di biodiversità non si esaurisce nella scomparsa di una o più specie. Lo sostiene uno studio portato avanti dalla Rice University di Houston, secondo cui un fattore chiave da monitorare in questo senso è la struttura della popolazione. L’attività di un individuo all’interno della comunità dipende infatti dalla sua età biologica. Questo spiegherebbe l’intrusività di pratiche antropiche come la pesca selettiva.

Biodiversità in Amazzonia - fonte Wikipedia

L’estinzione di una specie, secondo l’ecologista ed autore della ricerca Volker Rudolf, è forse la più estrema, “l’ultima eventualità che si verifica dopo aver scombussolato a lungo l’intero ecosistema”. A quel punto, però, aggiunge Rudolf “i cambiamenti forzati sulla struttura della popolazione, come il rapporto percentuale tra individui giovani e adulti in una specie, sono stati già accusati lungo la catena alimentare”. 

I ricercatori hanno in questo senso messo in crisi l’approccio tradizionale, che considera il ruolo funzionale svolto da una specie all’interno di un dato ecosistema basandosi sullo studio del suo individuo medio, sottovalutando di fatto l’influenza di fattori chiave come età e stadio di sviluppo. 

Nel corso della crescita gli individui di una popolazione modificano infatti alcuni dei loro comportamenti,come uso dell’habitat, dieta e consumo di risorse, rischio di predazione. Questo tipo di cambiamenti, definiti ontogenetici, producendo conseguenze sulle relazioni tra specie, come il fatto che individui giovani possano interagire con una parte completamente differente della comunità rispetto ad individui adulti, potrebbero inoltre, nell’ipotesi sostenuta dai ricercatori statunitensi, influenzare l’ecosistema nella sua interezza.

Per dimostrare questa tesi, Rudolf e Rasmussen hanno sperimentalmente manipolato la struttura della popolazione di un predatore dal ruolo chiave in ambiente palustre, la larva della libellula Anax junius, e ne hanno osservato le conseguenze.

Al fine di ricreare l’ecosistema stagno nella sua complessità, all’interno di vasche localizzate all’aperto sono stati sistemati zooplankton, invertebrati, piccoli vertebrati, ed aggiunti per ultimi esemplari di Anax junius in differenti stadi di vita, insieme ad altri insetti predatori come lo scarafaggio acquatico. La libellula in questione è stata scelta in quanto abbondantemente diffusa in Nordamerica ed in ragione del suo ruolo di vorace predatore, fortemente impattante la struttura di stagni senza pesci.

Al termine dell’esperimento, durato tre settimane, sono stati contati, misurati e pesati più di 35.500 individui appartenenti ad oltre 65 specie. Contemporaneamente ad analizzare la struttura della comunità sono stati estrapolati alcuni indicatori significativi del funzionamento ecosistemico, tra cui produttività primaria netta e respirazione. I risultati hanno mostrato come entrambi questi processi, sebbene in proporzioni differenti, siano risultati maggiori nelle vasche contenenti libellule di taglia media e grande rispetto a quelle ospitanti individui piccoli. 

I risultati, secondo Rudolf, “mostrano chiaramente come l’impatto di un predatore sulla struttura di comunità complesse e processi ecosistemici dipenda dallo stadio ontogenetico in cui esso si trova”.

E cambiamenti nella struttura della popolazione sono in grado di provocare forti ripercussioni a livello ambientale. Un’assunzione del genere non è priva di conseguenze: intanto, se l’attività di un individuo all’interno della comunità dipende dalla fase biologica in cui si trova, diventa difficile parlare di ruolo funzionale di una specie. D’altra parte, a detta di Rudolf, lo studio potrebbe spiegare perché determinate attività antropiche come la pesca selettiva, modificando la naturale “piramide dell’età” di una popolazione, seppur lontane dal provocare la scomparsa della specie, possano alterare la struttura di intere reti alimentari e creare forti scompensi a livello sistemico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA