Un nuovo allarme viene lanciato da un rapporto internazionale. Si prevede che l’acidità degli oceani possa aumentare del 170 per cento entro la fine del secolo, secondo gli scienziati.
Il Terzo Simposio sull’alta concentrazione di CO2 nell’Oceano si è tenuto a Monterey, California, nel settembre dello scorso anno ed ha visto la partecipazione di 540 esperti provenienti da 37 paesi.
In attesa che tutta la ricerca venga resa pubblica, si può però già anticipare qualche conclusione degli esperti. Gli ecosistemi e la biodiversità marina sono suscettibili di variazioni a causa dell’acidificazione degli oceani e le conseguenze economiche sono di vasta portata per tutti i Paesi che si affacciano sul mare. E non solo per loro.
Le ricadute sull’acquacoltura, sulla diminuzione delle colonie di molluschi e sul degrado delle barriere coralline potranno essere di notevole entità, a causa della sensibilità dei molluschi e dei coralli all’acidificazione.
Fin qui, nulla che già non sia noto. Da tempo il tema delle ricadute sull’economia per causa dell’acidificazione dei mari è conosciuto, temuto e ampiamente discusso.
Uno dei principali autori della sintesi di Monterey, Ulf Riesebell, del GEOMAR Helmholtz Centre for Ocean Research Kiel, ha detto: “Dobbiamo essere preparati a perdite economiche significative. Questo è un avvertimento per la riunione COP19 di Varsavia”. A Varsavia, infatti, i risultati saranno presentati.
Il problema fondamentale e drammatico è che tutti i Paesi – sottolineano gli esperti – continuano le elevate emissioni di CO2, mettendo a repentaglio tutta la biosfera marina e, in particolare, le barriere coralline.
Ridurre le emissioni e soddisfare l’obiettivo del contenimento in due gradi di aumento delle temperature entro il 2100 potrebbe garantire che almeno la metà delle barriere coralline delle acque superficiali – come le attuali tropicali – potrebbero continuare a prosperare.
Wendy Broadgate, vicedirettore del Programma Geosfera-Biosfera, aggiunge però: “La riduzione delle emissioni è certamente indispensabile, ma l’oceano è soggetto ad altre sollecitazioni, quali il riscaldamento, la deossigenazione, l’inquinamento e la pesca eccessiva. Servirebbe ridurre anche qualcuno di questi fattori”.
Riassumendo, il messaggio ai politici sull’acidificazione degli oceani può riassumersi in 21 punti, suddivisi secondo i gradi di certezza espressi dagli studiosi.
Certezza molto alta
– L’acidificazione degli oceani è causata dalle emissioni di CO2 derivante da attività antropica
– La capacità dell’oceano di smaltire carbonio diminuisce con l’aumentare dell’acidificazione
– Ridurre le emissioni di anidride carbonica rallenta il processo di acidificazione
– L’acidificazione di origine antropica è quantificabile
– L’attuale situazione si farà sentire per secoli, in futuro
Certezza alta
– Se le emissioni di CO2 continuano come le attuali, l’erosione delle barriere coralline ne compromette la riproduzione
– Le comunità coralline di acque fredde sono già a rischio estinzione
– I molluschi (cozze, ostriche, pteropodi) sono i gruppi più sensibili
– L’acidificazione e gli altri fattori di stress sugli oceani portano a cambiamenti negli ecosistemi marini di difficile prevedibilità
– I fattori di stress aggravano l’acidificazione degli oceani
Certezza media
– Gli impatti socio-economici sulle barriere coralline sono attesi, ma la scala dei costi è incerta
– Le colture di molluschi declineranno, ma l’entità delle perdite economiche è incerta
– L’acidificazione degli oceani potrebbe avere effetti sui comportamenti dei pesci
– Gli pteropodi (o lumache marine), importante anello della catena alimentare marina, vanno già scomparendo.
In ogni caso, non c’è di che essere ottimisti, se non sperare che l’allarme lanciato venga in qualche modo recepito, una volta per tutte. Più si aspetta e peggio sarà.