I parchi nazionali in Italia sono 23. Negli ultimi anni i tagli ai finanziamenti di questi enti hanno ridotto all’osso la loro operatività. Con la spending review il Governo intende eliminare ben 60 posti di lavoro. Ammonta al 45% la percentuale dei tagli che hanno riguardato i bilanci delle aree protette dal 2005. Le associazioni ambientaliste, escluso il WWF, insieme con l’associazione dei direttori e dei funzionari dei parchi ( AIDAP), e quella del personale delle aree prottette ( Associazione 394) hanno convocato una manifestazione a Roma per il prossimo 25 ottobre.
Alla stessa manifestazione non partecipa Federparchi, la federazione italiana dei parchi, che intende rilanciare il ruolo dei parchi in Italia attraverso la green economy ed è seriamente impegnata in seminari di approfondimenti e convegni riguardanti questo argomento. Dal Consiglio direttivo di Federparchi sono recentemente usciti il WWF e la LIPU.
Mentre accade tutto questo con il disegno di legge sulle semplificazioni, approvato recentemente al consiglio
dei Ministri, si mette in campo una nuova norma che introduce il silenzio assenso per costruire in aree con vincolo paesaggistico e ambientale.
Parchi in fin di vita. Sono 60 i posti a rischio per i dipendenti dei parchi nazionali dopo l’approvazione della spending review. Ma questa, seppur dolorosa, non pare essere la conseguenza più grave. A rischio, secondo le associazioni ambientaliste e le associazioni di categoria dei parchi, sono gli enti stessi, che dopo anni di tagli con l’attuale provvedimento rischiano di vedere impedito l’essenziale funzionamento.
Di parchi in Italia si parla poco, di ambiente ancora meno e lo si confonde spesso con la sola “economia verde”. I parchi sono nati, i primi ormai quasi un secolo fa, per conservare la natura-bene comune, (foreste,acqua, aria, biodiversità) . Accanto alla conservazione, però, dei parchi si è detto che dovevano dotarsi di uno sviluppo sostenibile, due parole che secondo alcuni sarebbero una contraddizione in termini.
Salvatore Settis ha recentemente messo in evidenza la contraddizione in un articolo su Repubblica che conclude così: “Secondo la Costituzione il bene comune non comprime, ma limita i diritti di privati e imprese: alla proprietà privata deve essere «assicurata la funzione sociale» (art.42), la libertà d’impresa «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale» (art.41). Mettiamo dunque sul tappeto questa domanda: l’alto orizzonte di diritti che la nostra Costituzione consegna ai cittadini è compatibile con le (vere o false) costrizioni dell’economia? E se non lo è, come si risolve il contrasto, archiviando la Costituzione o agendo sull’economia e sulla politica? Quale è, su questo punto, la favoleggiata “agenda Monti”?”.
La sorte dei parchi si inserisce forse in questo problema magistralmente impostato.
Per il “popolo dei parchi” il taglio della spending review “è inaccettabile, e provocherà di fatto, sommato alle altre restrizioni, la paralisi dei parchi nazionali italiani, con ciò che conseguirà in termini di tutela della biodiversità, difesa del paesaggio e dei beni culturali, attivazione di politiche di valorizzazione delle qualità per il rilancio di economie basate proprio sull’azione di tutela.”
“Tutte le Aree Protette Nazionali,- continuano le associazioni nel comunicato- pari a oltre il 5% del territorio nazionale, costano oggi poco più di 60 milioni di euro annui, comprese le spese per il personale, appena un caffè all’anno per ogni italiano! Ma per il Governo, evidentemente, l’ambiente, la biodiversità e lo sviluppo sostenibile, temi strategici a livello mondiale, non valgono neppure questo caffè!”
Le associazioni ambientaliste paventano addirittura un piano di smantellamento dei parchi: “Questi provvedimenti rappresentano una grave regressione per il sistema dei Parchi. Meglio che si abbia il coraggio di dire che è in corso un processo di smantellamento del sistema dei Parchi!” In ultimo i parchi chiedono una risposta chiara: “Venga permesso ai parchi di lavorare per quello per cui sono stati istituiti, altrimenti teminiamo qui un’esperienza che è stata riconosciuta positiva da tutti, in occasione dei vent’anni della legge quadro.
Federparchi: parchi e green economy. Decisamente diversa la posizione di Federparchi, che si interroga sul nuovo ruolo dei parchi in Italia attraverso convegni e seminari. Uno si è svolto a Roma la settimana scorsa e aveva il titolo: “I parchi sono green economy?”.
I lavori sono stai aperti dal vicepresidente di Federparchi Salvatore Sanna che ha parlato di parchi che , in quanto enti in seno al Ministero dell’Ambiente, stanno subendo l’ennesimo taglio a causa della spending review. Ma secondo Sanna non è solo questo il problema. I parchi appaiono enti in crisi, probabilmente non soltanto a causa dell’economia. Secondo Sanna è arrivato il momento di iniziare una riflessione profonda sul ruolo dei parchi e su come le tematiche legate ai parchi possano diventare una base sulla quale indirizzare una svolta per ricostruire un futuro per il nostro Paese.
La funzione dei seminari e dei convegni di Federaparchi è quella di avviare una discussione dalla quale possano scaturire proposte da sottoporre ai decisori politici.
L’alternativa, secondo Sanna, è il muro del pianto. Il mitico popolo dei parchi non esiste, secondo il vicedirettore, ed è autoreferenziale. E’ invece necessario rompere i recinti e uscire dai confini attuali e contribuire ad una svolta per il nostro Paese. I parchi secondo il vicepreseindete di Federparchi sono state oasi slegate dal territorio, hanno ottenuto dei risultati straordinari, ma sono rimasti nei confini dei parchi. L’apparato strumentale di governance è vecchio e superato.
Federparchi rilancia quindi la cooperazione con il territorio attraverso una stretta alleanza con l’ANCI. Ma non solo. La proposta di Federparchi al Governo è una modifica legislativa che dia la possibilità ai parchi di poter optare tra due opzioni:
-usufruire del finanziamento ordinario cone da manovra vigente con tutte le limitazioni vincoli ed obbligo di versamente annuale delle economie di speasa al MEF
-usufruire di un finanziamento ordinario ridotto a monte del 5% senza dover ottemperare ai maggiori vincoli gestionali del bilancio di esercizio come meglio si vedrà in dettaglio. La proposta di Federparchi prevede che la gestione più manageriale dei parchi dovrebbe essere sottoposta al controllo della spesa che potrebbe sposare investimenti per favorire la green economy e la migliore fruibilità dei beni per i cittadini.
Ddl semplificazioni. Difficile quindi ad oggi capire chiaramente quali siano i futuri possibili dei parchi, anche perchè dal Ministero non arrivano comunicazioni ufficiali. Difficile capire quale sia il ruolo e il valore che il ministero attribuisce ad ambiente e paesaggio, se vincoli inutili ad un possibile ulteriore sviluppo “edilizio”, o se ricchezza che può produrre valore aggiunto grazie alle attività ad esso legate. Il ministro Clini ha ribadito in una nota che la nuova norma sul ddl semplificazioni non è un condono, ma un modo per responsabilizzare le amministrazioni pubbliche.
La nuova norma, che regola le nuove costruzioni in aree con vincoli ambientali e paesaggistici, di fatto introduce il silenzio assenso: cioè, se entro 45 giorni l’amministrazione non risponde alla richiesta di autorizzazione per costruire su aree con vincolo, il richiedente può procedere, così come spiega Settis nel suo articolo.
E’ la fine dei Parchi intesi come strumento di conservazione della natura e della biodiversita’…l’unica ragione di esistere che essi hanno …tutto il resto sono chiacchere interessate di chi vuol trattare questi territori alla stessa stregua di come ha trattato e devastato il resto del territorio nazionale. La ciliegina sulla torta e’ ….favorire la green economy….rilanciare lo sviluppo …. ma di che parlano ? In tutto il mondo civile i Parchi nascono ed esistono per CONSERVARE ma non in questo paese di venduti e cialtroni….compresi quelli che lavorano al MATT o in Federparchi (associazione vergognosa…)
Cordiali saluti