C’è chi viaggia per sottrarsi al freddo, come la farfalla monarca, e chi invece lo fa per sfuggire alle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Stavolta non si tratta di una traversata in volo su di un continente, bensì di un viaggio epico condotto in subacquea. Protagonista il corallo, le cui millimetriche larve sono in grado di percorrere, cullate dalle correnti, distanze più che considerevoli.
Ad affermarlo i risultati di uno studio, primo nel suo genere e pubblicato sulla rivista Global Ecology and Biogeography, che ha consentito grazie a complesse simulazioni elaborate al computer di ricostruire i tracciati lungo i quali i coralli si muovono, e potrebbe aiutare gli scienziati, in un futuro neanche troppo lontano, a capire in che modo evolverà la distribuzione di questa specie dal punto di vista geografico.
Azione antropica, disturbi naturali ed alterazioni dovute ai cambiamenti climatici sono i tre fattori cui viene imputato il peggioramento dello stato di salute dei coralli.
Sally Wood, ricercatrice per l’Università di Bristol ed autrice della ricerca, spiega come “la dispersione sia per questa specie un processo estremamente importante. Essendo da adulti ancorati al fondale, l’unico modo per scampare a condizioni ambientali pericolose o reintegrare formazioni danneggiate è proprio affidare i piccoli alla cura delle correnti”.
A fini conservazionistici risulta quindi interessante individuare i vari capolinea di questi spostamenti: obiettivo quantomeno ambizioso, se si considera che stiamo parlando di organismi dalle dimensioni estremamente ridotte, e di un processo interamente condizionato dall’azione delle correnti marine. Una sfida al limite del possibile, che la tecnologia ha tuttavia raccolto e portato a termine con successo grazie ad un sistema sviluppato oltreoceano da Claire Paris, che insegna fisica marina applicata all’università di Miami.
Si chiama Connectivity Modeling System (CMS) ed è stato in grado di identificare un numero incredibile di percorsi seguiti dai coralli nelle loro migrazioni. Disponendo infatti dei dati sulle correnti e conoscendo il luogo in cui le larve vengono inizialmente rilasciate, è possibile ipotizzare dove queste si rilocalizzeranno.
Secondo l’esito della simulazione, a fronte di una sostanziale prevalenza di spostamenti brevi, alcune larve sono in grado di percorrere occasionalmente fino a 9.000 km, una distanza in grado di coprire praticamente l’intero oceano Pacifico. Sono proprio queste viaggiatrici di lungo raggio quelle che secondo Claire Paris “si ipotizza contribuiscano alla sopravvivenza della specie all’interno di formazioni coralline isolate, ed a spostamenti geografici innescati dall’azione dei cambiamenti climatici.”
Lo studio si è finora focalizzato sulla fase iniziale di viaggio delle larve fino ad accertarne la sopravvivenza, ma i lavori proseguono con l’obiettivo di avere presto un quadro completo del fenomeno.
Una dinamica del genere, seppur testimoniando l’efficacia di uno dei meccanismi di adattamento più originali sviluppati in natura, lascia però inevitabilmente indietro qualche individuo. Maggiormente vulnerabili sarebbero così le formazioni coralline particolarmente isolate dal punto di vista geografico, come ad esempio le colonie delle isole del Pacifico centrale ed orientale. Ma lo scoglio della localizzazione non è che la prima difficoltà: una volta stabilitesi, il passo successivo per le piccole larve sarà la competizione per lo spazio sulla barriera, “conditio sine qua non” per la crescita ed il necessario sviluppo a fini riproduttivi.