L’11 febbraio scorso è stato abbattutto l’orso M13 in Val Poschiavo, nel Cantone dei Grigioni, in Svizzera. M13 era figlio di due orsi bruni appartenenti alla popolazione delle Alpi centrali che ha ancora il suo fulcro in Trentino e aveva manifestato atteggiamenti confidenti nei confronti dell’uomo, cioè si avvicinava senza timore alle strutture abitate in cerca di cibo. Le autorità svizzere, dopo avere valutato il caso, hanno deciso di “rimuovere” l’orso abbattendolo.
L’episodio di M13 ha generato polemiche, ha sollevato un’onda di sdegno nel popolo italiano del web, che già si era mobilitato per salvare l’orso dalle intenzioni degli Svizzeri man mano che si andavano palesando. Era diventato famoso un gruppo su facebook ed erano partite diverse petizioni, che però sono rimaste inascoltate.
L’orso M13 era veramente pericoloso? L’abbattimento era davvero l’ultima ratio?
Gaianews.it ha raggiunto il dottor Claudio Groff, della Provincia di Trento, il dottor Piero Genovesi dell’ISPRA e il dottor Paolo Molinari, esperto di orsi bruni che è stato consulente per le autorità svizzere per la gestione degli orsi confidenti.
Gli orsi bruni nel Trentino hanno subito un ripopolamento, dopo che la popolazione era stata ridotta a soli 3 individui. Gli orsi provengono dalla popolazione della Slovenia. Prima del ripopolamento sono stati condotti studi di fattibilità, che avevano dato esito positivo e che mettevano in luce come fattore chiave la gestione del conflitto con l’uomo.
Il dottor Groff ci ha spiegato che l’orso M13 aveva cominciato a predare animali domestici in Alto Adige e per questo era stato radio-collarato. “La predazione di per sé non è un problema” ha spiegato Groff, “e non si trattava in questo caso di atteggiamenti confidenti.” Tuttavia, l’orso era stato radio-collarato per seguirne gli spostamenti. Nelle sue peregrinazioni fra Austria e Svizzera, l’orso è giunto in Val Poschiavo, in Svizzera, dove ha manifestato atteggiamenti più spiccatamente confidenti: ossia, si avvicinava alle strutture abitate senza alcun timore.
Claudio Groff ci ha spiegato che i protocolli di gestione per gli orsi confidenti, che esistono sia in Trentino che in Svizzera, sono molto simili. Si tenta con diversi mezzi (urla, spari, luci, uso di proiettili di gomma) di dissuadere l’orso dall’ avvicinarsi ai centri abitati, dove trova fonti di cibo. I protocolli prevedono diverse fasi e, secondo Groff, stando a ciò che hanno riportato le autorità Svizzere, l’orso era stato dissuaso molte volte (circa 10) senza risultato. Per Groff, probabilmente, l’orso M13 sarebbe stato rimosso anche se fosse rimasto in Trentino.

Immagine creata dall’associazione Studium Naturae dopo l’abbattimento dell’orso M13 e molto condivisa su Facebook
Ma l’orso M13 era pericoloso? Groff ci ha spiegato che pericolosità si associa alla confidenza con le strutture abitate: “Deve essere chiaro che non è tollerabile che un orso si abitui a girare per i paesi per cercare del cibo,” ha detto. Anche se non è aggressivo, l’orso è comunque un animale selvatico. Groff inoltre ha spiegato che la popolazione di orsi bruni delle Alpi vanta fra i più alti incrementi, se non il più alto, fra le altre popolazioni in Europa e in America: questo sta a testimoniare che il conflitto con l’uomo è ben gestito e che l’orso è sinora sufficientemente tollerato.
”Questo non è il primo orso che perdiamo, ce ne dispiace ovviamente, ma il nostro obiettivo è quello di avere l’orso sulle Alpi e un equilibrio va cercato,” ha spiegato Groff. “E’ importante che l’abbattimento sia sempre davvero l’ultima ratio e quindi che i protocolli vengano applicati con perizia”
Il dottor Paolo Molinari, che ha partecipato alla formazione della squadra di dissuasione in Svizzera, ha confermato la similarità dei protocolli e che tutte le azioni di dissuasione sono state messe in pratica: per l’orso M13 non c’era più la possibilità di ritornare selvatico. Inoltre Molinari ha spiegato che la squadra per la dissuasione è fra le più professionali e preparate d’Europa. La differenza sostanziale fra Italia e Svizzera, ha spiegato l’esperto, sta nel significato di “rimozione”. In Italia gli orsi vengono messi in cattività, in Svizzera si decide per l’abbattimento.
Va precisato però che a questo punto la questione diventa etica e non di conservazione. Non tutti sono d’accordo che ridurre un animale in cattività sia meglio per il benbenessere dell’animale. “Non si tratta di mettere l’orso in un’allegra pensione,” ha spiegato Molinari.
Creare un’area faunistica per ogni orso confidente, considerando che la popolazione, come dichiarato dagli esperti, quest’anno supererà significativamente i 50 individui e che una percentuale di orsi confidenti sembra essere presente in ogni caso, significa evidentemente assumersi un impegno importante. A livello della popolazione selvatica, l’orso sarebbe da considerare perso comunque, hanno spiegato gli esperti.
Un’altra questione è se l’orso ha un futuro in Svizzera. Secondo Paolo Molinari va tenuto in conto che la Svizzera, pur se meno densamente popolata, ha un territorio più antropizzato e peggio conservato del nostro. I masi, gli alberghi e le fattorie sono spalmati sul territorio. Perciò il territorio disponibile per la fauna selvatica è molto frammentato, e la probabilità di incontrare un orso è molto alta. D’altra parte, va anche detto che ci sono stati altri orsi che hanno trascorso intere stagioni in Val Poschiavo senza creare problemi e senza che sviluppassero conflitti con l’uomo. Secondo il dottor Molinari ci vorrà quindi del tempo perché le popolazioni possano trovare un equilibrio nella convivenza con gli orsi.
Il dottor Genovesi dell’ISPRA ha spiegato che lo studio di fattibilità metteva in chiaro che il problema dei conflitti con l’uomo era centrale, per questo prima di reintrodurre gli orsi si chiese un parere a tutti gli enti e le istituzioni, anche alla Svizzera, che diede allora parere positivo.
Genovesi ha spiegato: “Noi non abbiamo ancora ricevuto una documentazione di dettaglio ufficiale dalla Svizzera e quindi non possiamo fare una valutazione. E’ chiaro che sarebbe meglio applicare tutte le misure facendo effettivamente tutto il possibile per non arrivare all’abbattimento dell’orso. In Svizzera sono già due gli animali abbattuti. In Italia, con una popolazione molto superiore – quest’anno supereremo la soglia dei 50 animali significativamente – il numero degli animali rimossi, che in Italia vengono messi in cattività, è di due o tre.
“E’ importante,” ha continuato Genovesi, “che tutti i paesi concorrano ad un obiettivo sul quale penso che siamo tutti d’accordo. Riportare l’orso sulle Alpi è importante per tutta la regione alpina. Ogni paese deve mettere in campo ogni sforzo possibile prima di mettere in pratica la rimozione degli individui. Mi auguro che tutti i paesi, non solo la Svizzera, ma anche la Germania e l’Austria, aiutino questo progetto, che richiede molta attenzione e un impegno da parte di tutte le comunità coinvolte e di tutte le amministrazioni.
Perché l’orso non è stato spostato? Genovesi ha spiegato che se un comportamento di confidenza si è instaurato, l’animale è stato riconosciuto come pericoloso. Attualmente non ci sono più aree nelle Alpi tanto estese da far sì che l’orso non torni a frequentare dei centri abitati.
“Il progetto,” ha continuato, “è un grande successo a livello globale, ci sono stati riconoscimenti ufficiali da parte della comunità scientifica che si occupa di conservazione. La sfida è trovare una formula che assicuri la presenza dell’orso, ma in coesistenza con l’uomo. Ora c’è una grande occasione, perché l’Italia ha per due anni la presidenza della Convenzione delle Alpi, un tavolo che riunisce tutti i paesi, anche la Svizzera. Il Ministero dell’Ambiente ha promosso un tavolo specifico per la conservazione dei grandi carnivori, quindi dell’orso, del lupo e della lince e credo che abbiamo una nuova occasione per migliorare gli sforzi comuni.”
Sul web intanto si moltiplicano le iniziative di protesta contro l’abbattimento e le raccolte di firme per modificare le leggi presenti a favore di un divieto dell’abbattimento degli orsi. Diverse le immagini di M13 che rimbalzano sui social network. Per gli animalisti, la vita va rispettata a tutti i costi.
L’abbattimento resta certamente un evento che scuote gli animi. Molti sono stati colpiti dalla tragicità dell’avvenimento affiancato alla freddezza della sigla che denominava l’orso, M13.
Anticamente la sagoma degli orsi mitici orientava lo sguardo nel cielo e una strana coincidenza vuole che M13 sia il nome di un ammasso globulare della Costellazione di Ercole, appena visibile a occhio nudo. Ci piace sperare che la morte di M13 non sia stata vana e che possa spingere tutti a una domanda più aperta su quale sia la giusta relazione fra l’uomo e il suo altro, che sia orso, albero, fiume. Una domanda che a volte appare nella sua grandiosità proprio quando leviamo gli occhi al cielo stellato.
Riporto il passaggio contenuto nela dichiarazione ufficiale da parte delle autorità svizzere ed in particolare questo passo:
Non si sarebbe potuto riportare questo orso in Italia?
L’UFAM ha discusso con il responsabile del progetto italiano di reinsediamento in Trentino le possibilità di riportare indietro l’orso per permettergli di vivere in libertà. L’Italia si è opposta. Le autorità italiane hanno però espresso comprensione per l’intervento della Svizzera.
Il link relativo al comunicato completo lo trova al link:
– http://www.bafu.admin.ch/tiere/09262/09285/12571/index.html?lang=it
La prego notare due punti:
– L’Italia si è opposta.
– Le autorità italiane hanno però espresso comprensione per l’intervento della Svizzera.
Presumo che il responsabile menzionato sia il sig. Groff, stante la sua posizione amministrativa.
Questo a dimostrazione, con dichiarazione ufficiale del Governo Svizzero, che i “nostri” responsabili erano consci che un rifiuto avrebbe anticipato l’abbattimento di M13. Ragione di più per chiedere precisazioni alla Provincia di Trento, che dovrebbero ancora sottospare alla legge italiana ed europea, così come i suoi dipendenti preposti alla tutela e reiserimento dell’orso.
Saluti, Marco
Credo che questo riprovevole episodio debba spingere ognuno di noi a riconsiderare che il territorio NON è nostro, datoci in regalo e in esclusivo godimento.
Ma semmai è da ritenere uno spazio condiviso con coloro, che di specie diversa, ne hanno diritto quanto noi di usufruirne, perchè il pianeta NON può essere solo a “misura d’uomo” e rimuovere ogni altro animale o ostacolo che non sia gradito nel nostro habitat. La continua e non regolamentata, come in Svizzera, cotruzione di nuovi edifici in zone alpine, espone certamente ad incontri che possono anche essere “spaventosi” per quelle persone che, venendo dalla città, hanno persino terrore di una capra o di una mucca e credono che il latte sia fabbricato in una ditta con le macchine.
Più modestia nel reclamare i diritti dell’uomo e più intelligenza nei rapporti con gli animali, aiuterebbero a superare molti problemi.
Altrimenti l’arroganza dell’uomo, avrà come conseguenza una costante crescita di aggressività da parte del regno animale verso l’uomo o un impoverimento (come con M13) della fauna selvatica, con conseguente danno per l’uomo e la natura in cui vive.
In breve, se la bambina (che per lo shock di aver visto M13)è stata la molla della decisione di abbatterlo, allora quando mi capita di vedere personalmente i bambini di città spaventati da animali selvatici, dovremmo imbracciare le doppiette e “liberare” il territorio per permettere che non abbiano reazioni emotive shoccanti?
Ma allora vadano a Disneyland…
Saluti, Francesco.
A me pare che a questo M13 non sia stata data nessuna possibilità . L’hanno tolto di mezzo non perchè aggrediva la gente semplicemente perchè era un problema la sua stessa esistenza ,il suo essere selvaggio la sua potenza e l’impressione ancestrale. fanno paura gli orsi perchè gli umani non sanno più cosa siano e non li riconoscono nella loro animalità suggestiva. il mondo edulcorato presentato e vissuto sin dall’infanzia non comtempla la conoscenza naturalistica ma solo quella elaborata fra quattro pareti e allora diventa pauroso anche un gatto nero fuori casa…
Credo che in Svizzera si tenda a scegliere la scorciatoia dell’abbattimento…. senza pero’ conoscere tutti i dettagli delle presunte azioni di dissuasione la mia e’ solo una sensazione. Per quanto riguarda le modalita’ della rimozione ,se necessaria , per quanto sia doloroso sono d’accordo con Groff e non tanto per ragioni economiche (trovare un posto in cattivita’ ad animali cosi “ingombranti”..) quanto perche’ trovo il massimo della crudelta’ costringere un animale come un orso (o un grande felino…) in gabbia. Chi non ha mai visto un grande animale in gabbia che prima aveva vissuto in liberta’ non puo’ capire…..
l’abbattimento dell’orso m13 NON è altro che un atto CRIMINALE reso possibile anche dall’accondiscendenza di chi doveva tutelarne l’incolumità !!!!!!
per le DELIRANTI dichiarazioni del groff mi auguro che le autorità competenti prendano dei provvedimenti su questa persona !!!!!!!!!!!
è INAMMISSIBILE e ripeto DELIRANTE quanto detto dal groff !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Il sig. Groff si esprime MOLTO diversamente su un un altro sito, con commenti ben diversi e meno pacati, ma più venatori. Adducendo che M13 è meglio morto in Svizzera che in gabbia in Italia.
Ho provveduto a inviare una mail al sig. Groff e alla Presidenza della Provincia di Trento affinchè si prendiano provvedimenti per questo signore e le sue affermazioni, molto poco italiane. Dato che lui è sempre italiano e non svizzero o tedesco!
Link articolo del sig. Groff:
– http://www.laprovinciadisondrio.it/stories/Cronaca/799163/
Nulla da aggiugere.
Marco.