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Caretta caretta: svelati i misteri della morìa e dei nuovi nidi

Il professor Dino Scaravelli ci spiega le cause della misteriosa morìa segnalata poche settimane fa, e delle strane nidificazioni di quest' estate

Scritto da Federica di Leonardo il 28.11.2013

Negli ultimi mesi si è parlato di Caretta caretta, la tartaruga che vive nelle acque dei mari del nostro paese, soprattutto per due motivi, uno apparentemente positivo e un altro negativo. Per la prima volta le tartarughe hanno nidificato nel Nord Adriatico, ma nelle settimane scorse una misteriosa morìa aveva fatto scoprire centinaia di cadaveri sulle coste.
Abbiamo intervistato il prof. Dino Scaravelli, del Gruppo di Ricerca Grandi Vertebrati Pelagici, del Centro di Cesenatico, Università di Bologna, Facoltà di Veterinaria, per farci spiegare i misteri che stanno dietro a questi strani e recenti eventi.

Plastica nei mari

Quest’estate in Puglia e soprattutto in Abruzzo si era parlato di “miracolo Caretta caretta”. Dopo un secolo, infatti le tartarughe erano tornate a nidificare addirittura fra gli ombrelloni. Grande festa nella Riserva Torre di Cerrano, in Abruzzo, dove, dopo l’istituzione dell’area protetta sono tornati i delfini e ora anche le tartarughe. Era da un secolo, si diceva, che le Caretta caretta non nidificavano qui.

Piccoli di Caretta Caretta nati in Sicilia. Fonte WWF

Ma il professore Dino Scaravelli esulta un po’ meno. “E’ certamente una cosa positiva, molto positiva che ci siano dei nidi di Caretta caretta nell’alto Adriatico” spiega il professore. “Ma purtroppo questo è il segnale del riscaldamento globale: la temperatura dei nostri mari aumenta, e gli animali nidificano fuori areale. Il Nord Adriatico è stato sempre frequentato dalle giovani tartarughe per la ricerca di cibo, perchè ne è ricco, ma non per i siti di nidificazione”. Siti di nidificazione di Caretta caretta si trovano in Calabria e Sicilia, nelle coste più calde del Mediterraneo e solo raramente in Puglia.

Tartarughe

Caretta caretta ha una popolazione minacciata da inquinamento e pesca e si registrano migliaia di perdite ogni anno. Centinaia di volontari lavorano alacremente nei diversi centri di recupero, per monitorare i siti di nidificazione e recuperare gli animali vittime di ami, plastica, e shock da pesca, o intossicati dall’inquinamento. ISPRA coordina i monitoraggi, ma non esiste una stima della popolazione europea se non con grandi limiti confidenziali dovuti agli scarsi dati provenienti dalle coste libiche.

Poche settimane fa, i giornali locali avevano riportato di una misteriosa morìa di centinaia di tartarughe nel tratto di costa fra il Friuli e le Marche.

Dino Scaravelli che da più di 10 anni lavora all’analisi e al monitoraggio di questi animali ha raccolto e analizzato 40 animali e ci ha spiegato il mistero di questa morìa.

“La cosa che mi preme far capire è che l’emergenza c’è, ma non è contingente. Esiste da anni ed andrebbe affrontata ogni giorno , con azioni sul lungo periodo”.
“Queste tartarughe” spiega Scaravelli, “emergono e si spiaggiano tutte insieme perchè nell’alto Adriatico, con i venti di bora, riparte la circolazione.”

“Quest’anno è successo più tardi, gli anni scorsi è successo in settembre-ottobre. In pratica gli animali emergono a galla dopo 2-8 settimane perchè l’acqua è fredda. E la corrente li porta a riva. Perciò non si tratta di una morìa improvvisa, ma di cadaveri relativi ad un periodo più lungo”.

Scaravelli è riuscito, lavorando a titolo gratuito e grazie alla collaborazione di studenti volontari, a recuperare e analizzare 40 tartarughe. “Di queste l’80% era morto a causa della pesca a strascico che si pratica in queste zone” spiega il professore.

tartaruga-spiaggiata

In Sicilia si pesca con palamiti e grandi reti fornite di ami. Per questo lì le tartarughe vengono a volte salvate grazie ad interventi chirurgici che asportano ami di 3-5 centimetri.

Perciò, secondo Scaravelli, c’è bisogno di un’azione di conservazione chiara e di lungo periodo, di sensibilizzare i pescatori, affinchè questa popolazione di tartarughe non venga ridotta all’osso.

Ma ci sono anche altre minacce: i rifiuti solidi, sopratutto di plastica, e le microplastiche. “Queste sostanze, insieme ai metalli pesanti, provocano danni cronici agli animali come la depressione del sistema immunitario”

Caretta_caretta

L’università di Bologna si occupa soprattutto di studiare l’effetto dei metalli pesanti sulle tartarughe. Quella di Siena, invece si occupa degli effetti delle microplastiche, che, in altri animali, hanno dimostrato di avere effetti sul sistema ormonale e quindi sulla riproduzione.

“Le tartarughe sono al vertice della catena alimentare e accumulano tutte queste sostanze tossiche, per questo possono essere a maggiore rischio di sviluppare patologie connesse con l’inquinamento”, spiega Scaravelli.

Un problema, quello dell’inquinamento da microplastiche che sembra essere pervasivo, insinuoso e di difficile risoluzione, che mette a rischio la salute degli ecosistemi marini, la nostra meravigliosa biodiversità e, alla fine, la nostra stessa salute.

isola plastica“Il Mare Adriatico non è certo un mare dei Caraibi con le barriere coralline” spiega Scaravelli, “è giallo, non perchè sia particolarmente inquinato, ma perchè è così costituito, con un fondale di fango. Ma questo non vuol dire che non nasconda delle meraviglie. Noi ospitiamo cetacei e molte tartarughe. Il fatto che non si vedano non vuol dire che non ci sono, ma influisce sulla corretta percezione della meravigliosa biodiversità e sul rischio che stiamo correndo inquinando i nostri mari”.

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