L’agenzia americana per la protezione dell’ambiente (EPA) intende consentire l’utilizzo, per l’abbeveramento di bestiame e fauna selvatica, di acque di scarico risultanti dai processi di fratturazione idraulica, meglio nota come fracking, ultima frontiera dell’estrazione di petrolio e gas.
Ad opporsi, tramite osservazioni pubbliche al procedimento, l’associazione Public Employees for Environmental Responsibility (PEER), che raccoglie scienziati e professionisti impiegati dal governo americano a vari livelli amministrativi.
Fracking per l’estrazione di gas: contaminata l’acqua nel raggio di un chilometro in Pennsylvania
Il fracking è una tecnica estrattiva introdotta negli Stati Uniti a metà del secolo scorso per facilitare il recupero di idrocarburi, soprattutto metano. Si creano delle fratture nel terreno all’interno delle quali si pompano fluidi sotto pressione, che generando dei “micro-sismi” stimolano la fuoriuscita di petrolio o gas attraverso condotte. I fluidi in questione sono prevalentemente costituiti da acqua, cui vengono tuttavia mescolati sabbia e composti chimici, al fine di impedire il richiudersi delle fessure.
I rischi di questa tecnica estremamente invasiva, vanno dall’aumento del rischio sismico fino all’inquinamento atmosferico, del suolo e delle falde. I fluidi in uscita dal processo di fratturazione contengono infatti pericolosi agenti chimici e in molti casi perfino sostanze radioattive, dando luogo conseguentemente anche ad un problema di smaltimento. Dell’esatta miscela le grandi compagnie fanno segreto, ma recenti analisi parlano di 632 sostanze chimiche possibilmente utilizzate,di cui il 75% è responsabile di patologie agli apparati respiratorio e gastro-intestinale, il 40% colpisce il fegato ed il sistemi nervoso, immunitario, ormonale e cardiovascolare, e per chiudere il quadro, uno su quattro è considerato agente cancerogeno.
L’Agenzia americana per la Protezione dell’Ambiente, competente in materia di potabilità dell’acqua, proibisce l’utilizzo delle acque risultanti dai processi di fracking nella parte orientale degli Stati Uniti, consentendolo invece nelle aride e tribali terre occidentali del Wind River, nel Wyoming. Il fine dichiarato, stavolta, è quello “agricolo e di propagazione della fauna selvatica”. Una mossa quantomeno audace, a giudicare dalle esperienze riportate dal documento di protesta, in cui si citano casi di bestiame morto o diventato sterile in seguito a contaminazione causata da acque di fracking.
Secondo le critiche mosse dall’associazione, dei 12 nuovi permessi di cui è stata richiesta l’approvazione all’EPA nessuno sembra dare preciso elenco degli agenti chimici utilizzati. Il direttore esecutivo di PEER Jeff Ruch sottolinea come questa modalità sia contraria ai regolamenti stessi dell’EPA, che richiedono di specificare “tipo e quantità di rifiuti, fluidi o inquinanti proposti o trattati, conservati, utilizzati, iniettati, emessi o scaricati”. Inoltre, i requisiti di monitoraggio previsti dai piani di scarico lascerebbero a desiderare in quanto a frequenza dei controlli, e non pare essere stata pianificata alcuna procedura tesa a salvaguardare la salute di bestiame e fauna selvatica. L’associazione PEER chiede quindi che tali permessi vengano riformulati, in maniera tale da garantire un’analisi delle acque di scarico degli impianti ed una valutazione di potabilità in relazione alla destinazione d’uso.
incredibile cretineria. incertezza pericolosa.