Si è parlato anche di lupo all’interno di Game Fair, evento dedicato al mondo venatorio svoltosi a Tarquinia (VT) nei giorni scorsi. La rassegna ha infatti ospitato un convegno, organizzato dall’Ambito Territoriale di Caccia di Viterbo (ATC VT1), dal titolo “Il ritorno del lupo: tra risorsa ambientale e necessità di gestione”.
“Il lupo è e deve essere specie protetta” ha spiegato in apertura il presidente dell’ATC1 Antonino Corsini, ma è altrettanto necessario proteggere e tutelare allevatori ed agricoltori dai danni provocati dalla specie”. E l’individuazione di misure e soluzioni gestionali non può che passare attraverso un dialogo costruttivo che coinvolga tutti i portatori di interesse, una sinergia cui partecipino i cacciatori, da Corsini definiti “sentinelle del territorio”, le associazioni, ma soprattutto istituzioni e decisori politici.
Come ha sottolineato Corsini, “è necessario dare una risposta ad allevatori e agricoltori”, e per farlo è opportuno mutuare esperienze e buone pratiche da chi il problema ha già cominciato ad affrontarlo. Ad esempio la Toscana, che come ha testimoniato la Prof.ssa Sargentini, docente di gestione della fauna all’Università di Firenze, contando su una cospicua superficie destinata ad aree protette ha da sempre rappresentato un ambiente favorevole alla presenza di fauna selvatica, lupo in primis. Qui la specie, presente con 70 nuclei per un totale di 310-320 esemplari, si inserisce in un contesto produttivo tradizionalmente eccellente nel settore zootecnico per via dei molti allevamenti di razze pregiate o altamente produttive, bovine ed ovine.
In Toscana, una delle prime regioni a legiferare in tema di gestione faunistica e faunistico-venatoria, i maggiori danni da predazione si sono verificati intorno a Massa Carrara, nelle zone circostanti Arezzo e Firenze, nel pisano e nel senese. Per far fronte a questa situazione, la pioniera L.R. 72/94 introduceva un sistema basato su incentivi per l’acquisto di strumenti di difesa come recinzioni elettrificate e cani da guardania, accompagnati da forme di indennizzo. Tuttavia, con l’entrata in vigore nel 2000 dell’obbligo di termodistruzione delle carcasse, i costi di smaltimento degli animali predati sono arrivati a superare l’entità degli indennizzi, così che ad oggi, come ha sottolineato la Sargentini, più del 50% dei casi di attacco, siano essi causati da lupi o da ibridi, non vengono più denunciati dagli allevatori.
La Toscana però, dopo efferati atti contro lupi ed ibridi, uccisi ed esposti in piazza, e dopo un’aggressiva campagna mediatica di Coldiretti, si appresta a varare un apposito piano che garantisca agli allevatori la possibilità di fare prevenzione con i mezzi adeguati, e i risarcimenti diretti e indiretti in caso di predazione.
In Piemonte la questione dei costi di smaltimento è stata ingegnosamente risolta, come hanno illustrato Fabio Campoli ed Aurelia Cavallo, entrambi rappresentanti di FATA Assicurazioni, compagnia specializzata nel settore agricolo e zootecnico. Al pari della Toscana, la zootecnia piemontese ha vissuto le difficoltà derivanti dalla presenza del lupo, stimata in circa 50 esemplari più alcuni branchi transfrontalieri. Qui il timore rispetto al ritorno della specie è stato tale da spingere la Regione a chiedere la possibilità di prevedere piani di contenimento. L’istanza è stata però finora rigettata dal Ministero: il conflitto tra uomo e lupo, specie a protezione assoluta, va risolto con strumenti di prevenzione e compensazione, questo il verdetto. In materia di compensazione, il sistema di polizze sviluppato da FATA, attivo ormai da due anni, sembra funzionare molto bene. Gli indennizzi, che risarciscono i danni risultanti dalla morte o dal ferimento dei capi vittime di attacco predatorio, sono stabiliti da un tariffario e variano in base a diversi criteri tra cui razza, età e specie, prevedendo maggiorazioni laddove siano adottati strumenti di protezione. Il sistema, sebbene finanziato al 50% da contributi pubblici, risulta comunque decisamente innovativo ed apprezzato per via dell’istituzione di un call center che semplifica ed accelera i tempi del procedimento, coinvolgendo l’allevatore solo tramite una iniziale telefonata di segnalazione, a seguito della quale la pratica passa in mano alla compagnia.
Il rapporto tra uomo e lupo è stato spesso di natura conflittuale, come ha spiegato il Dott. Settimio Adriani dell’Università della Tuscia. In un recentissimo lavoro, Adriani ha analizzato la presenza storica della specie in alcune aree della provincia di Rieti, dimostrando come nel XIX secolo catture ed uccisioni di lupi fossero incentivate economicamente. In particolare lo studio stima che tra il 1810 ed il 1820 la caccia al lupo abbia rappresentato per le comunità del Cicolano l’equivalente di 6000 giornate di lavoro. Cifre imponenti, ma soprattutto chiari segni di come la necessità di affinare le tecniche di convivenza con la specie, per gli abitanti di aree in cui la presenza del lupo, benché decimata dalle persecuzioni, non è mai venuta meno, abbia spesso prodotto risultati cruenti.
Ma l’attività dell’Università della Tuscia, in particolare del dipartimento DAFNE, non si è limitata ad indagini storiche. Numerosi sono gli studi, condotti soprattutto in provincia di Rieti, riguardanti il lupo, le sue relazioni con l’allevamento di bestiame ed il comportamento di soggetti dotati di collari satellitari. I risultati indicano come siano purtroppo ancora scarsi i mezzi di prevenzione della predazione, soprattutto nel periodo della monticazione, così come è evidente il grave tributo con cui il lupo sconta la sua fama di predatore di greggi ed antagonista dei cacciatori. Ben vengano allora iniziative come il convegno organizzato dall’ATC VT1, dove l’obiettivo è creare consapevolezza riguardo al problema, informare rispetto alle migliori pratiche e porre le basi per mitigare il conflitto, affinché non si ripetano più episodi vergognosi come quelli recentemente avvenuti in Toscana, e non si senta, in futuro, il bisogno di istituire taglie sul lupo.
Oggetto : LUPI E VOLPI ammazzati , proposta di salvataggio.
Sulle pagine di GeaPress, e di altri blog Animalisti, in rif. alle uccisioni dei lupi in
Toscana, e in altre parti d’Italia, ho commentato più o meno così :
Il lupo è carnivoro, e in natura deve seguire il Suo istinto di predatore, e cibarsi di
quegli animali che sono anziani, debilitati, disorientati per malattia, e
quindi il lupo contribuisce alla selezione naturale della fauna.
Allora mi chiedo : se al lupo si toglie l’opportunità di cibarsi di queste tipologie di
animali, perché Qualcuno si è inventato la caccia di selezione, agli ungulati e
ad altre specie di animali, questo lupo a quali tipologie di animali si deve
rivolgere ? alle pecore ? ai cavalli ? ai vitelli ? o deve andare al negozio a
comperare le crocchette ?
Allora faccio questa proposta :
Fate una Legge improrogabile che vieti la caccia di selezione alle prede abituali del
lupo, e della volpe, e tutte le possibili deroghe di questa caccia spietata.
Non voglio più leggere che si uccidono i lupi perché girano intorno agli allevamenti, i
lupi devono stare sulle montagne, e si deve vietare la caccia agli ungulati, e
alle prede abituali del lupo, con buona pace per Tutti.
E’ una cosa vergognosa che si sentano sempre notizie di uccisioni, di lupi trovati morti
sulle piazze di alcune Città, è vergognoso in un Paese che si reputa civile,
nel 21° Secolo, che avvengono ancora queste barbarie, sempre a danno di animali
indifesi.
E anche le battute alla volpe, dovrebbero essere vietate del tutto, perché è inammissibile che l’uomo cacciatore debba prevaricare le prede destinate ai carnivori, che sono costretti ad alimentarsi uccidendo animali domestici, perché non trovano
più il loro alimento naturale.
Nessuno ha il diritto di togliere la vita al lupo e alla volpe, solo per alimentare uno
squallido comportamento che continuano ancora a chiamare “Il nobile Sport della
Caccia” …