Lo strato di ozono presente nella stratosfera ha visto un calo senza precedenti nella regione artica durante questo inverno. Le probabili cause sono la presenza ancora massiccia di gas che danneggiano l’ozono e il clima particolarmente rigido nella stratosfera nel nord del pianeta, ma gli scienziati sono abbastanza sorpresi dai dati, arrivati sia da satelliti che da palloni meteorologici.
Durante la fine di marzo mancava all’appello circa il 40% dell’ozono nella stratosfera. Il record precedente, un calo del 30%, è stato polverizzato.
Lo strato di ozono protegge contro le radiazioni ultraviolette, che provocano il cancro della pelle ed altri problemi alla salute umana, ma il gas viene distrutto da reazioni provocate da prodotti chimici industriali.
Questi prodotti chimici, i famigerati alogenuri alchilici, meglio noti anche con il nome di clorofluorocarburi o con la sigla CFC, sono limitati dal Protocollo di Montreal delle Nazioni Unite, ma durano così a lungo nell’atmosfera che il danno è destinato a continuare per decenni.
Un’ipotesi è che ci sono stati alcuni inverni molto più freddi rispetto al passato nel’emisfero boreale. La distruzione dell’ozono è facilitata
in condizioni di freddo intenso, sui -70/-80 gradi centrigradi che si sono registrati nella stratosfera.
Il buco dell’ozono
Un incubo degli anni ’80, era il cosiddetto buco dell’ozono, ma era presente in Antartide. Esso è un caso interessante per scienza, in quanto si tratta del primo esempio che la storia ricordi di un danno provocato dall’attività umana con conseguenze globali che è stato individuato, di cui sono state scoperte le cause e che è stato praticamente risolto dalla comunità internazionale. Ma mentre il buco più famoso è un evento annuale in Antartide che si continua a ripetere ma che ormai non desta più preoccupazione, il fenomeno nell’Artico è imprevedibile, in quanto qui il clima stratosferico è meno prevedibile.
Senza lo strato di ozono, ci sarebbero 70 volte più raggi UV rispetto ad ora. I primi effetti tangibili se la situazione dovesse perdurare durante la stagione estiva, è l’aumento dell’esposizione alle radiazioni nocive di Canada, Russia del nord, Groenlandia e Alaska, le regioni con popolazioni umane degne di nota che si trovano a latitudini dove la diminuzione dello strato di ozono è apprezzabile.
Il protocollo di Montreal firmato nel 1987 e un successivo accordo hanno gradualmente eliminato molte sostanze chimiche dannose per l’ozono, come i clorofluorocarburi (CFC), che venivano largamente utilizzati come liquidi refrigeranti.
Ma l’uso di di alcune di queste sostanze continua ancora oggi, seppure con quantitativi molto più bassi, nei paesi più poveri, che continuano ad utilizzare vecchie tecnologie produttive e non possono permettersi di passare a sistemi più moderni.
Ma anche se le concentrazioni di queste sostanze chimiche in atmosfera sono in diminuzione, possono durare per decenni.
Nelle regioni polari, la concentrazione di sostanze dannose per l’ozono è diminuito soltanto del 10% circa dagli anni ’80, prima che il protocollo di Montreal avesse effetto.
Le proiezioni indicano che il buco dell’ozono sopra l’Antartide sarà tornato ai livelli pre-industriali tra il 2.045 e il 2060. Ed ora c’è un nuovo buco dell’ozono di cui gli scienziati devono capire meglio le cause.
Le Foreste primarie coadiuvate dal Sole; costituiscono l’unico sistema naturale, fornito dal creato, in grado di mantenere e regolare l’equilibrio: dell’atmosfera, delle stagioni, del clima, dell’effetto serra, della produzione dell’Ossigeno, dell’ozono, del DNA generale, dell’acqua ( H2O ) e dell’assorbimento dell’anidride carbonica ( CO2 ).